Joanna Newsom, la voce e l'arpa 
al Teatro Dal Verme di Milano

La fatina di Nevada City sbarca a Milano, Teatro Dal Verme, lunedì 27 settembre (il giorno dopo sarà invece a Roma, Auditorium Parco della Musica). Il concerto di Joanna Newsom è già ammantato di meraviglia prima ancora di cominciare, grazie alle lodi sperticate dei fan e di chi la sa lunga sulle novità eleganti. Sulla sponda opposta i detrattori che ritengono ingiustificato, quasi un abbaglio, tanto clamore per la giovane cantante-arpista-pianista californiana che cinguetta con una voce bambina ma talentuosa e capace di estensioni ardite e irregolari, sempre libera di scorrazzare nelle praterie del suono. Azzeccata la definizione lapidaria della rivista The Wire: una voce inaddomesticabile.

Abbiamo ascoltato buona parte delle sue composizioni, dalle più digeribili a quelle prolisse, e, prima di scoprirla dal vivo, ci sembra ragionevole fare un po' di tara: senza gridare al miracolo (ci pare eccessivo dipingerla come un Antony Hegarty al femminile, paragone azzardato da un collega che ha visto cose…), bisogna ammettere che porta segni di novità e incuriosisce il suo coraggio di osare e contaminare in un'epoca di piattume creativo come quella che stiamo vivendo, contraddistinta dal dilagare delle cover che spappagallano l'età dell'oro (anni Sessanta e Settanta) e da una reiterata e spesso artificiale seconda giovinezza dei dinosauri, sempre in attesa che i figli si sveglino e concedano loro di tirare un po' il fiato prima dell'eterno riposo.

La Newsom che vedremo a Milano ha 28 anni, è legittimo che si senta una donna fatta e non gradisca, come ha già fatto sapere, l'aggettivo, ricorrente, di infantile che le viene affibbiato. La sua ultima, stavolta mastodontica, fatica, il triplo album «Have One on Me» uscito quest'anno, ci restituisce una Joanna più matura, meno sperimentale e anarchica, più cantautorale, sempre un po' persa nel suo mondo con i testi che accarezzano il fantasy, ma in grado di conciliare classico e moderno, di attingere all'indie-folk, al country, alla musica nera e, ancora, all'avanguardia. Qui è stata scomodata Joni Mitchell per un accostamento che aiuti a spiegarla, in passato si è parlato di basi folk, punk e jazz dalle parti di Karen Dalton, Texas Gladden, Patti Smith e Billie Holiday. Si è parlato di Björk, Tori Amos e Kate Bush.

Cresciuta in una famiglia di musicisti (papà chitarrista, mamma dottoressa con velleità pianistiche, fratello batterista e sorella violoncellista, per non dire dei vicini di casa, tutti professionisti del palcoscenico), Joanna Newsom pizzica l'arpa alla maniera dei suonatori di kora dell'Africa Occidentale e dei venezuelani, coniuga la tradizione degli Appalacchi e dell'Irlanda con il pop sbarazzino e genialmente stralunato di «Ys», il disco del 2006 che le ha dato la prima vera notorietà e ha stupito il mondo (quello attento a queste cose, ovviamente: sarebbe ridicolo millantare una popolarità planetaria), prima di approdare all'attuale dimensione più ordinata e strutturata, completata da una vera e propria band come avremo modo di assistere al Dal Verme: Ryan Francesconi alla chitarra, Neal Morgan alla batteria, Andrew Strain al trombone, Veronique Serret e Mirabai Peart al violino.

Oltre che inaddomesticabile (ma «Have One on Me» mette un po' in discussione un giudizio così netto) la sua musica è soprattutto inetichettabile, se non per il rimando agli ingredienti usati. Una buona ragione per spendere un lunedì in platea. Sperando che sia serata di grazia, non solo per la diafana bellezza e la bravura tecnica della dolce (e sofisticata) Joanna.

Orario e biglietti
Il concerto che Joanna Newsom terrà lunedì 27 settembre al Teatro Dal Verme di Milano (via San Giovanni sul Muro 2) comincia alle 21. Biglietti da 18 e da 22 euro (più diritti di prevendita: www.ticketone.it, call center 892101). Organizza Dna Concerti. Info: www.dnaconcerti.com, [email protected], 06-47823484.

Andrea Benigni

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