Un minuto con Dante
La donazione di Costantino

Concludendo il colloquio con il papa simoniaco Nicolò III, che dalla buca fa sporgere solamente i piedi scalcianti perché bruciati da fiammelle dal calcagno alle punte, Dante pronuncia un'invettiva nei confronti di Costantino e della sua donazione.

LA DONAZIONE DI COSTANTINO

IF XIX, 115 ss.


Ahi, Costantin, di quanto mal fu matre,
non la tua conversion, ma quella dote
che da te prese il primo ricco patre!».

E mentr'io li cantava cotai note,
o ira o coscienza che 'l mordesse,
forte spingava con ambo le piote.


Concludendo il colloquio con il papa simoniaco Nicolò III, che dalla buca fa sporgere solamente i piedi scalcianti perché bruciati da fiammelle dal calcagno alle punte, Dante pronuncia un'invettiva nei confronti di Costantino e della sua donazione, colpevole di essere all'origine della simonia e della tentazione di mescolare il denaro e il potere con i doni dello Spirito e con le cose sacre.

All'origine dei mali della Chiesa Dante non pone, ovviamente, la conversione dell'imperatore Costantino ma la sua “dote”, cioè la donazione che fece al papa Silvestro in segno di riconoscenza per averlo guarito dalla lebbra. Il documento stabiliva che parte della città di Roma divenisse di proprietà del papa, costituendo il primo nucleo dello Stato pontificio e dando così origine al potere temporale dei papi.

Dante riteneva autentico il documento (mentre in epoca umanistica Lorenzo Valla stabilirà, sulla base di criteri filologici, che si trattava di un falso) ma ne contestava la validità sul piano dei contenuti, intuendo che l'entrare in possesso di beni materiali e di territori da amministrare inducesse la chiesa a mescolare il sacro con il profano e a snaturarsi rispetto alle sue funzioni originarie.

Le parole di Dante ottengono l'approvazione di Virgilio il quale, senza parlare, prende tra le braccia Dante e risale la china deponendo dolcemente il “carico” una volta sul ciglio della bolgia successiva. .

Enzo Noris

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