Cultura e Spettacoli
Lunedì 25 Aprile 2011
Un minuto con Dante
Amor che ne la mente mi ragiona
All'arrivo dell'angelo nocchiero, Virgilio raccomanda a Dante di inginocchiarsi e di congiungere le mani: un altro gesto liturgico che accompagna, insieme a molti altri gesti, questa atmosfera purgatoriale caratterizzata dalla necessaria umiltà, dal riconoscersi penitenti.
AMOR CHE NE LA MENTE MI RAGIONA
PG II, 112 ss.
112 "*Amor che ne la mente mi ragiona*"
113 cominciò elli allor sì dolcemente,
114 che la dolcezza ancor dentro mi suona.
115 Lo mio maestro e io e quella gente
116 ch'eran con lui parevan sì contenti,
117 come a nessun toccasse altro la mente.
118 Noi eravam tutti fissi e attenti
119 a le sue note; ed ecco il veglio onesto
120 gridando: «Che è ciò, spiriti lenti?
121 qual negligenza, quale stare è questo?
122 Correte al monte a spogliarvi lo scoglio
123 ch'esser non lascia a voi Dio manifesto».
All'arrivo dell'angelo nocchiero, Virgilio raccomanda a Dante di inginocchiarsi e di congiungere le mani: un altro gesto liturgico che accompagna, insieme a molti altri gesti, questa atmosfera purgatoriale caratterizzata dalla necessaria umiltà, dal riconoscersi penitenti e bisognosi del perdono di Dio. Le anime, una volta sbarcate dalla navicella al canto del salmo 113, vengono “segnate” dall'angelo con il segno di croce e si ritrovano spaesate in questo luogo così diverso da ogni attesa umana.
Alcune di loro si rivolgono a Virgilio e a Dante per chiedere indicazioni sul cammino da compiere. Virgilio risponderà ammettendo che pure loro sono nuovi del luogo, arrivati da poco per un'altra via. Nel Purgatorio, dove non c'è mai stato, Virgilio non svolge più il ruolo di guida ma di compagno di viaggio, o meglio di pellegrinaggio, e dovrà condividere con Dante il disagio di dipendere da altri o di cercare con lui la strada migliore per salire sulla montagna.
Tra le anime appena sbarcate Dante riconosce l'amico Casella, un musico, al quale Dante chiederà di intonare un canto - questa volta profano - il cui testo era stato scritto da Dante stesso: “Amor che ne la mente mi ragiona”. E' il riaffiorare della nostalgia per l'esperienza terrena della poesia e e dell'attività intellettuale, forse un riferimento alla “donna gentile” -ovvero la filosofia- dietro alla quale Dante si era perso dopo la morte di Beatrice. Mentre tutti sono estasiati nell'ascoltare il canto, ecco sopraggiungere Catone che - con parole di rimprovero - sprona le anime a dare inizio alla salita: non è più il tempo per il rimpianto delle passioni terrene, occorre dare un taglio netto al passato ed iniziare un nuovo cammino.
Enzo Noris
© RIPRODUZIONE RISERVATA