Un minuto con Dante Alighieri
Il diavolo reclama l'anima di Bonconte

Bonconte da Montefeltro racconta a Dante come mai il suo corpo non venne trovato a Campaldino, dove aveva perso la vita. Allontanatosi un poco dalla battaglia, ormai ferito a morte, Bonconte rivolge l'anima a Maria chiedendo perdono dei propri peccati.

L'ANIMA DI BONCONTE E' RECLAMATA INVANO DAL DIAVOLO

100 Quivi perdei la vista e la parola
101 nel nome di Maria fini', e quivi
102 caddi, e rimase la mia carne sola.

103 Io dirò vero e tu 'l ridì tra ' vivi:
104 l'angel di Dio mi prese, e quel d'inferno
105 gridava: "O tu del ciel, perché mi privi?

106 Tu te ne porti di costui l'etterno
107 per una lagrimetta che 'l mi toglie;
108 ma io farò de l'altro altro governo!".


Bonconte da Montefeltro racconta a Dante come mai il suo corpo non venne trovato a Campaldino, dove aveva perso la vita. Allontanatosi un poco dalla battaglia, ormai ferito a morte, Bonconte rivolge l'anima a Maria chiedendo perdono dei propri peccati ed ottenendo così la salvezza eterna. Racconta poi che il diavolo cercò invano di impadronirsi della sua anima, contendendola ad un angelo; non essendo riuscito nell'intento, al diavolo non rimane che infierire sul corpo di Bonconte, facendolo travolgere dalla furia degli elementi e sommergere nel greto del fiume.

L'episodio richiama quello analogo di Inferno XXVII dove il consigliere fraudolento Guido da Montefeltro, padre di Bonconte, nonostante l'assoluzione previa del papa Bonifacio VIII, viene dannato proprio perché il suo pentimento non era stato sincero: non ci si può pentire e poi comportare male. Così il diavolo “logico” strappa la sua anima addirittura a S. Francesco (Guido da Montefeltro si era fatto frate francescano) e la porta con sé all'Inferno:

112 Francesco venne poi com'io fu' morto,
113 per me; ma un d'i neri cherubini
114 li disse: "Non portar: non mi far torto.

115 Venir se ne dee giù tra ' miei meschini
116 perché diede 'l consiglio frodolente,
117 dal quale in qua stato li sono a' crini;

118 ch'assolver non si può chi non si pente,
119 né pentere e volere insieme puossi
120 per la contradizion che nol consente".

Enzo Noris

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