E' di Caravaggio «Il gatto con gli stivali»
Perrault lo rubò a Giovanni F. Straparola

A dicembre arriva al cinema «Il gatto con gli stivali», film d'animazione incentrato sul personaggio delle favole. La storia del gatto delle fiabe è in realtà tutta bergamasca. Perrault la scippò allo Straparola da Caravaggio.

A dicembre arriva al cinema «Il gatto con gli stivali», film d'animazione incentrato sul personaggio delle favole, già visto in Shrek (e doppiato nella versione originale da Antonio Banderas). La pellicola sarà distribuita in 3D in Italia dal 16 dicembre mentre in Usa sta già sbancando il botteghino

La storia del gatto con gli stivali, quella delle fiabe, in realtà è tutta bergamasca. Anzi, potremmo dire che il celebre felino è nato in  terra orobica, per la precisione a Caravaggio. E' infatti dalla penna arguta di Giovanni Francesco Straparola che è uscito il gatto più conosciuto dai piccoli.

E' in una delle 70 novelle delle “Piacevoli notti” dello Strapoarola che fa capolino la storia di una "gatta senza stivali", poi furbescamente rigirata prima da un napoletano come Giambattista Basile e poi nientemeno che da Perrault il quale ha cambiato sesso al felino e gli ha messo ai piedi gli stivali.

Basta insomma leggere la novella intitolata “Costantino Fortunato” nella raccolta delle “Piacevoli notti” (1550) per scoprire che la il gatto con gli stivali è uscito da quelle pagine.

LA NOVELLA DELLA GATTA SENZA STIVALI
E' qui che compare per la prima volta la Gatta. Ambientata nelle terre di Ripacandida, la novella narra la storia di un bimbo, Fortunio, che alla morte della madre Soriana riceve in eredità una gatta mentre i fratelli ottengono beni più consistenti, grazie ai quali sopravvivono. Fortunio fa la fame e la gatta vuole aiutarlo: cattura una lepre e lo porta al re di Ripacandida dicendogli che è un dono di Fortunio. La cosa si ripete varie volte e la gatta intanto ruba dal palazzo alimenti per Costantino. Stanca di proseguire con quel siparietto, la gatta convince il ragazzo a gettarsi in un fiume e simulare l'annegamento. In quel momento passa il re e la gatta gli racconta che Costantino è stato derubato e i ladri l'hanno gettato nel fiume. Il re si impietosisce, invita a palazzo il ragazzo e gli dà la figlia in sposa. Ma Fortunio non ha un castello. La gatta gli offre un ultimo aiuto: precede il corteo nuziale che dovrebbe portare gli sposi nella loro sontuosa dimora, allontana mandriani e agricoltori, dicendo loro che tutto è proprietà di Fortunio, anche un castello abbandonato della zona. Alla fine Straparola dice il castello apparteneva a un anziano che lo aveva abbandonato. La Gatta di Straparola, come si nota, non aveva però gli stivali.

LO SCIPPO DI PERRAULT
Il canovaccio della novella ricompare nel Pentamerone di Giambattista Basile, sotto il titolo “Cagliuso”. La trama si differenzia di poco, ma il finale è diverso. Cagliuso promette alla gatta grande fortuna anche dopo la morte. Ma quando lei si finge morta, lui la butta dalla finestra. Con Perrault la Gatta diventa Gatto (con gli stivali) e il suo padrone non è più un fanciullo, ma veste gli abiti nobili del marchese di Carabas. Pure lui si attribuisce terreni che in realtà appartengono non più ad anziani agricoltori ma a un terribile orco. Il gatto però con la sua parlantina e ruffianeria convince l'orco a trasformarsi in un leone e poi in un topo, così il gatto se lo mangia. Alla fine il marchese sposa la figlia del re e il gatto diventa un gran signore: darà la caccia ai topi ma solo per gioco.

LO STUDIOSO
“Non c'è alcun dubbio, l'impianto del Gatto degli stivali è quello della novella di Straparola. Non è possibile che Perrault non abbia letto gli scritti del caravaggino”. A parlare così è il prof. Francesco Tadini, studioso di storia locale, che con la moglie Enrica Tirloni, esperta di letteratura italiana e latina, ha trascritto 70 novelle tratte dal capolavoro di Straparola, ovvero “Le piacevoli notti”. “Nella raccolta c'è persino un racconto in bergamasco – aggiunge Tadini -, credo sia utile una maggiore valorizzazione di questo autore. E' anche vero che il Comune gli ha dedicato il Premio letterario biennale e una via, ma si potrebbe fare ancora qualcosa”.

Emanuele Roncalli

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