Un minuto con Dante
L'incontro con gli accidiosi

Dopo aver ascoltato con attenzione le dotte spiegazioni di Virgilio sulla natura dell'amore, Dante affaticato si appisola. Ma da questa sonnolenza viene scosso dall'improvviso apparire dalla turba degli accidiosi.

MARIA CORSE CON FRETTA A LA MONTAGNA

18. 97 Tosto fur sovr'a noi, perché correndo
18. 98 si movea tutta quella turba magna;
18. 99 e due dinanzi gridavan piangendo:

18.100 «Maria corse con fretta a la montagna;

18.101 e Cesare, per soggiogare Ilerda,
18.102 punse Marsilia e poi corse in Ispagna».

18.103 «Ratto, ratto, che 'l tempo non si perda

18.104 per poco amor», gridavan li altri appresso,
18.105 «che studio di ben far grazia rinverda».


Dopo aver ascoltato con attenzione le dotte spiegazioni di Virgilio sulla natura dell'amore, Dante affaticato si appisola. Ma da questa sonnolenza viene scosso dall'improvviso apparire dalla turba degli accidiosi. Due di loro gridano piangendo esempi di sollecitudine, la virtù contraria alla colpa da cui ci si purifica in questa cornice.
Il primo esempio è quello di Maria che, pur essendo in attesa di Gesù, corse in fretta dalla cugina Elisabetta percorrendo una distanza notevole e per di più in salita verso una città di Giuda (cfr. Luca 1, 39; secondo la tradizione si tratta dell'attuale villaggio di Ain Karim).
Il secondo esempio è tratto dalla storia romana: Giulio Cesare, mentre nel 49 a. C. assediava Marsiglia, si spostò fulmineamente in Spagna (a Ilerda) per aver ragione delle ultime resistenze pompeiane.
Gli accidiosi che seguono i primi due si spronano a vicenda, raccomandandosi l'un l'altro di non perdere tempo per un amore troppo tiepido, in modo che l'operosa sollecitudine rinvigorisca in loro la grazia divina.
L'accidia, che i Padri del deserto definivano “demone meridiano” perché assaliva il monaco nell'ora del meriggio, è una colpa odiosa che potremmo definire in termini moderni “deficit di volontà”; è simile a quelle forme di pigrizia e di indolenza che ci vincono a tratti, costringendoci ad una meschina rassegnazione e all'inattività più inconcludente.
E' opportuno che anche noi, con Dante, ci lasciamo scuotere da questa sonnolenza spirituale.
Enzo Noris

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