Tettamanzi a Ponte San Pietro:
«Gesù l'unica risposta alla morte»

Il tema della morte con lo sguardo della fede: è attorno a questo tema che il cardinale Dionigi Tettamanzi ha dialogato con don Ezio Bolis in una serata organizzata a Ponte San Pietro dal gruppo 3C delle scuole «Cittadini» in collaborazione con la parrocchia.

Il tema della morte con lo sguardo della fede: è attorno a questo tema che il cardinale Dionigi Tettamanzi ha dialogato con don Ezio Bolis in una serata organizzata a Ponte San Pietro dal gruppo 3C delle scuole «Cittadini» in collaborazione con la parrocchia.

È stata la terza e ultima serata di un percorso dal titolo «In-fine: sguardi oltre. Dialoghi sulla negazione e presenza della morte nell'esperienza contemporanea». Nelle prime due serate si sono affrontati gli aspetti scientifico e religioso e quello più sociale e familiare. «È un tema necessario per il nostro vivere quotidiano» sono state le prime parole dell'arcivescovo emerito di Milano. In molti probabilmente sono rimasti colpiti dalla semplicità e dalla chiarezza con cui il cardinale Tettamanzi ha affrontato l'argomento, accostandosi alla vita dell'uomo, alle ferite che la morte di una persona cara procura, alla paura che vela il cuore di ciascuno. Si è aperto anche a qualche piccola confidenza parlando con tenerezza, in punta di piedi, della morte del padre e della madre, scomparsa circa un mese fa.

Alla prima domanda lanciata da don Bolis su che cosa significa morire per un cristiano il cardinale ha regalato subito al pubblico la parola che è stata la chiave di lettura del suo intero intervento: la parola umiltà. «È una domanda che va affrontata con umiltà e fiducia» ha detto. «Davanti a una realtà così complessa, enigmatica, con un tratto di mistero serve l'umiltà che ci fa dire che la totalità della questione ci sfugge e che riusciremo a dare risposta piena solo dopo la morte». Su un tema come questo, l'uomo può dire fino a un certo punto.

Della morte ci parla la Bibbia e della morte ci parla Gesù. «Non è una parola o una norma la risposta piena al senso della morte, ma è Gesù stesso, attraverso il suo morire. Noi siamo chiamati a imitare il suo modo di vivere e di morire, anche con paura, così come Gesù stesso ne ha avuta, ma abbandonandoci con fiducia nelle braccia del Padre».

Il tema della morte, così come puntualizzato da don Bolis, ha occupato nel passato omelie e catechesi, con l'intento di suscitare un salutare timore per ciò che ci aspetta dopo di essa.

Il tema oggi è quasi sparito? Il cardinale Tettamanzi non crede:«La morte conosciuta attraverso i media è dilatata anche nello spazio, perché attraverso la globalizzazione conosciamo quello che accade in tutto il mondo. Ci è presentata più che in passato, ma ci sono interrogativi che non possiamo eludere. A noi è chiesto di annunciare il Vangelo, in cui si parla di vita e di morte. E il Vangelo va annunciato in maniera evangelica, cioè con un pieno senso della fiducia, della bellezza, della gioia, dell'Alleluja, non facendo leva sul timore ma sulla gioia dell'essere abbracciati per sempre dall'amore del Padre. Dobbiamo parlare della morte non tanto con il Vangelo sotto gli occhi, ma dentro il cuore. Un Vangelo che diventa vita della nostra vita».

Trattando il tema della cremazione che dalla Chiesa «può essere consentita ma a precise condizioni», Tettamanzi ha parlato dei cimiteri come «luoghi importanti per tenere vivo il senso di generazioni cristiane che si susseguono, di un popolo credente che cammina». Ha ricordato poi Paolo VI e il suo «Pensiero alla morte». E ancora una volta ha richiamato all'umiltà invitando a non giudicare l'altro:«Il modo in cui ciascuno muore è un segreto che Dio tiene per sé».

«Come ci si prepara a morire?» ha chiesto, concludendo l'incontro, don Bolis. «Con il nostro vivere quotidiano - ha risposto il cardinale -, che ha come tratto essenziale l'attesa. Non la nostra ma quella di Dio che come Padre attende il ritorno a casa dei suoi figli».

Monica Gherardi

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