Un minuto con Dante:
L'albero dei golosi

I nostri tre pellegrini, vale a dire Virgilio, Stazio e Dante, giungono alla sesta cornice dove incontreranno i golosi. Ecco davanti ai tre, a mezza strada, uno strano albero carico di frutti odorosi ed irrorato dall'acqua di una cascata, più stretto in basso e largo in alto, a forma di cono rovesciato.

L'ALBERO DEI GOLOSI

22.130 Ma tosto ruppe le dolci ragioni
22.131 un alber che trovammo in mezza strada,
22.132 con pomi a odorar soavi e buoni;

22.133 e come abete in alto si digrada
22.134 di ramo in ramo, così quello in giuso,
22.135 cred'io, perché persona sù non vada.

22.136 Dal lato onde 'l cammin nostro era chiuso,
22.137 cadea de l'alta roccia un liquor chiaro
22.138 e si spandeva per le foglie suso.

I nostri tre pellegrini, vale a dire Virgilio, Stazio e Dante, giungono alla sesta cornice dove incontreranno i golosi. Ecco davanti ai tre, a mezza strada, uno strano albero carico di frutti odorosi ed irrorato dall'acqua di una cascata, più stretto in basso e largo in alto, a forma di cono rovesciato. Ai frutti di questo insolito abete cercheranno di protendesi invano i golosi, ricordando nella pena del contrappasso il supplizio a cui era sottoposto Tantalo nell'Ade pagano. Dall'albero esce una voce misteriosa che pronuncia la frase: “Di questo cibo avrete caro”, vale a dire: “Di questo cibo sentirete la mancanza”. La stessa voce proclama poi esempi di temperanza, la virtù opposta al peccato da cui i golosi pentiti si stanno purificando. Il primo esempio è -come al solito- quello di Maria che, alle nozze di Cana, trascura di saziare il suo appetito preoccupandosi che la mancanza di vino non guastasse la festa; ancora una volta Maria, la Madre, intercede presso il Figlio per amore dell'umanità.
Segue poi l'esempio delle donne romane, contente si bere solamente acqua. Il terzo esempio, tratto dall'Antico Testamento, racconta di Daniele che, alla corte di Nabucodonosor, rifiutò cibi e bevande straniere per non contaminarsi e così divenne sapiente. Esempio virtuoso di come il dominio di sé renda capaci di acquistare il sapere, vale a dire il vero gusto delle cose (cfr. il verbo latino sapio=aver sapore). La voce allude quindi all'età dell'oro, periodo mitico delle origini, quando i primi uomini si nutrivano di ghiande e dell'aqua dei ruscelli: la fame e la sete non erano piaceri smodati ma necessità per sopravvivere. L'ultimo esempio è quello di Giovanni il Battista, il Precursore, che, nel deserto, si nutriva di miele selvatico e di locuste: per aver scelto una vita austera ed esemplare divenne glorioso e grande, come i Vangeli raccontano. Gesù stesso disse infatti di Giovanni: “tra i nati di donna non vi è nessuno più grande di lui” (cfr. Luca 7, 28).
Enzo Noris

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