Il San Bernardino di Endenna:
restaurato, è al museo Bernareggi

Giovedì 28 febbraio alle 18 è in programma al museo Bernareggi la conferenza stampa di presentazione di «Un marchigiano in Val Brembana. Il San Bernardino di Endenna restaurato». Interverranno Emanuela Daffra e Delfina Fagnani.

Giovedì 28 febbraio alle 18 è in programma al museo Bernareggi la conferenza stampa di presentazione di «Un marchigiano in Val Brembana. Il San Bernardino di Endenna restaurato». Interverranno Emanuela Daffra (soprintendenza beni artistici e storici di Milano) e Delfina Fagnani (restauratrice). Ecco il comunicato stampa.

Dalla parrocchiale di Endenna, al termine di un restauro realizzato da Delfina Fagnani e diretto da Emanuela Daffra grazie al finanziamento della Fondazione Credito Bergamasco, ci giunge un oggetto straordinario per tipologia, per conservazione, per storia.

E il fatto che ancora porti con sé molti interrogativi non fa che accrescerne il fascino, sfidando la nostra volontà e la nostra capacità di comprensione. La nostra conoscenza della immensa varietà di suppellettili create dalle necessità liturgiche e dalla devozione cattoliche si è tanto ristretta che talvolta, davanti a manufatti del passato, si resta privi dei termini per definirli.

Lo testimonia l'imbarazzo dei pochi studiosi che, a partire dall'inizio del Novecento, si sono occupati del San Bernardino di Endenna, chiamandolo, di volta in volta, «trittico» o «tabernacolo». Non è né l'uno né l'altro. Considerata la proporzione della tavola centrale (cm.232x80) è difficile che essa fosse destinata ad un altare, si tratta piuttosto di una ancona da pilastro che ha miracolosamente mantenuta pressoché intatta la sua capsa lignea, che serviva da protezione e che veniva aperta solo durante le celebrazioni o le solennità.

Le capsae sono citate di frequente nei contratti o nelle visite pastorali ma ne sopravvivono rarissimi esemplari: considerato il loro scopo soprattutto funzionale erano spesso di fattura meno raffinata, talvolta assegnate a artisti diversi dagli autori della tavola principale, e sono state tra i primi elementi ad essere dispersi mano a mano che le necessità del culto modificarono gli spazi delle chiese e l'ingombro degli altari.

È chiara dunque l'importanza di questo pezzo, che di manomissioni ne ha subite pochissime. Esso conserva tracce materiali impagabili, ma anche dati immateriali di estrema importanza per lo studio della tipologia, come ad esempio il diverso registro, linguistico e tecnico, tenuto al pittore, che in questo caso è lo stesso, nel dipingere l'immagine principale e le parti accessorie del contenitore.

Non è noto quando il dipinto sia arrivato a Endenna. La prima menzione che fino ad ora è stata rintracciata (ma non è stato possibile uno spoglio completo della documentazione) è quella del corrispondente di padre Donato Calvi che nel 1670 cita nell'oratorio del cimitero della parrocchiale «un quadro ancona dell'effigie intera di san Bernardino da Siena, di pittura tanto al vivo che rende maraviglia a chiunque lo vede».

Lo stesso Calvi nell'Effemeride sagro profana (1676) ne precisa ulteriormente la collocazione ricordando «nella porta sopra il cimiterio l'effige al vivo di San Bernardino da Siena». La cappella, dedicata a san Bernardino, era posta accanto alla chiesa antica e grazie agli appunti della visita di Bernareggi può essere identificata nel vano adibito a ripostiglio sulla destra dell'attuale presbiterio. Da lì la nostra ancona fu trasportata in chiesa, nella collocazione che ha ancora oggi, probabilmente alla fine dell'ottocento, dopo la radicale ristrutturazione in stile neoclassico dell'edificio.

Spostamenti e traslochi comportarono anche, con ogni probabilità, interventi di manutenzione. L'intervento odierno, accompagnato dalla consapevolezza dell'eccezionalità del manufatto ha proceduto secondo alcune linee di indirizzo così sintetizzabili: studio quanto più possibile attento dei materiali e dei metodi costitutivi; assoluto rispetto dell'oggetto e dunque riduzione al minimo indispensabile delle operazioni invasive qualora avessero comportato la rimozione di porzioni originali; messa in sicurezza di struttura e pellicola pittorica; restituzione di una migliore leggibilità ad un oggetto sostanzialmente intatto.

Con una certa sorpresa l'autore dell'opera può essere identificato in Giovanni Antonio da Pesaro. In suo favore ci parlano le fisionomie allungate, i gesti anchilosati, i corpi irrigiditi su pavimenti ripidissimi, i colori che alternano rosa e grigi pallidi a blu e rossi sonori, la morbidezza delle stesure pittoriche racchiuse in nitidi contorni elastici.

Il dipinto di Endenna, in attesa di trovare documentazione più precisa, può essere collocato nella porzione finale della sua carriera, accanto ad opere datate quali il polittico ora conservato a Urbino, nella galleria Nazionale delle Marche, ma proveniente dall'abbazia di santa Croce a Sassoferrato (1467). Si tratta di un caso unico a queste date di presenza marchigiana in Valle e dunque sarebbe di estremo interesse conoscerne modi di arrivo e committenza.

I temi qui sommariamente esposti dovranno ora intrecciarsi per chiudere la ricerca. Si dovrà chiarire l'epoca di fondazione dell'oratorio di san Bernardino, chi la promosse e capire se la nostra pala vi fosse destinata da subito, e quindi individuare i possibili tramiti con le Marche.

la Fondazione Bernareggi, come è già accaduto per il Ceresa di Santa Caterina e il Pomarancio di Terno d'Isola, espone importarti opere appena restaurate dalle comunità parrocchiali anche per mettere in evidenza il prezioso lavoro di tutela e di conservazione che in questo modo viene svolto pressoché quotidianamente a favore dei beni culturali e a beneficio della collettività. Queste esposizioni vogliono essere anche un tributo a questo prezioso servizio che le nostre parrocchie svolgono a servizio della cultura di tutti.

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