Legnanesi, un pieno d'applausi
Ancora due repliche al Creberg

A Bergamo i Legnanesi sono di casa, ormai. L'abbiamo già scritto, è vero. Ma più che l'evidenza non si può scrivere: la prima replica di «Lasciate che i pendolari vengano a me», al Creberg Teatro Bergamo, è andata esaurita.

A Bergamo i Legnanesi sono di casa, ormai. L'abbiamo già scritto, è vero. Ma più che l'evidenza non si può scrivere: la prima replica di «Lasciate che i pendolari vengano a me», al Creberg Teatro Bergamo, è andata esaurita.

E tutto esaurito sarà anche lunedì e martedì, se gli ultimi biglietti saranno venduti, come pare prevedibile. Vuol dire 4.500 spettatori in tre giorni, con uno spettacolo che in fondo dispensa gli stessi ingredienti di sempre: il triangolo comico Teresa-Giovanni-Mabilia, l'uso di schemi antichi della comicità all'italiana come la farsa, gli intermezzi cantati e ballati come nelle vecchie riviste, la passerella alla fine del primo come del secondo tempo. In realtà qualcosa di diverso c'è.

Ormai i Legnanesi sono questione di sfumature, di aggiustamenti, di affinamenti. «Lasciate che i pendolari vengano a me» è una produzione dal ritmo più compatto, che non lascia spazio a pause o a cali di tensione. Non è facile, in tre ore abbondanti.

E i quadri musicali ci sembrano anche più ricchi e curati del solito, come quello dedicato al circo (con un affettuoso tributo alla regina della pista, Moira Orfei) alla fine del primo tempo e l'omaggio a Fellini nel secondo. Il fatto è che in queste ultime due stagioni i Legnanesi stanno finendo di prendere coscienza di quello che sono.

La compagnia fondata da Felice Musazzi - e diretta ora da Antonio Provasio, Enrico Dalceri e Luigi Campisi, alias la Teresa, la Mabilia e il Giovanni - non è soltanto l'ultimo avamposto del dialetto milanese (anzi, legnanese). Né è solo il ricordo del piccolo mondo delle case di ringhiera e dei contadini diventati operai. È anche l'ultima compagnia di rivista italiana.

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