Fb, impazza «Sei di Bergamo se...»
E gli orobici rispondono all’appello

Un flame: una fiammata. E in Facebook, nella social-Bergamo rapida e insonne, nel regno del presente per eccellenza improvvisamente fa breccia il passato. Tessera dopo tessera, si inizia a ricostruire un mosaico di vita che rivela subito il suo fascino.

Un flame: una fiammata. E in Facebook, nella social-Bergamo rapida e insonne, nel regno del presente per eccellenza improvvisamente fa breccia il passato. Tessera dopo tessera, si inizia a ricostruire un mosaico di vita che, scorrendo le centinaia di post continuamente in arrivo, rivela subito il suo fascino.

Sono bastati pochissimi giorni e il gruppo «Sei di Bergamo se...» ha visto impennarsi il numero degli iscritti: ieri sera eravamo a quota 1.200, più del doppio del giorno prima. Il trend è impressionante. I contenuti che i bergamaschi propongono sono i più vari, dalle mémoires d’infanzia alle gesta sportive, dalle sbronze di Capodanno ai negozi topici, al «dar da mangiare ai cigni del Donizetti», il ritratto che facciamo di noi stessi oggi è certamente un po’ diverso da quello di trent’anni fa. Diciamo che è in fase di upgrade.

È presto per farsi un’idea completa. Per il momento si può dire che sei di Bergamo «se da piccolo ti portavano in via Clara Maffei a fare le vaccinazioni», oppure «all’Ufficio igiene di via Gian Maria Scotti». Se «al venerdì sera, dopo le partite di Promozione andavi a mangiare la pizza al 900». Sei un vero bergamasco se «a Foppolo facevi lezione di sci con Morandi, Milesi, Bagattini, Tokio ecc. ecc. e ti portavano al Giretta a bere la cioccolata». La neve brembana torna spesso nei ricordi della gioventù urbana, come mèta di evasioni, di capodanni memorabili, di poderose giornate sugli sci prima delle quali, per fare il pieno di energia, «ti fermavi a San Pellegrino dal “Bigio” a comperare i biscotti», o «al ritorno le patatine fritte per strada dopo Zogno».

Il bergamasco doc ha scavalcato almeno una volta il cancello di Sant’Agostino, si ricorda «il merlo parlante delle Cornelle», il Cisalfa di «via XX» lo chiama sempre «il Goggi» . Quando «impiccava» la scuola passava la mattinata in Rocca, non dice «vado allo stadio» ma «vado all’Atalanta», non parla di calcio ma di fùbal. Ma, soprattutto, non sei di Bergamo se alle 22 non «senti i rintocchi del Campanone, anche se non sei in Città Alta...». Perché la rêverie finisce sempre in una pennellata di poesia.

© RIPRODUZIONE RISERVATA