I bambini scrivono a Papa Francesco
E le loro lettere finiscono in un libro

Quello di Monica, che vive in Franciacorta, è uno degli scritti più entusiasti tra i circa 150 contenuti nella raccolta «Letterine a Papa Francesco» (Gallucci, pp. 162, euro 12,90), a cura di Alessandra Buzzetti, vaticanista del Tg5.

«Caro Papa, alla televisione ho visto che sono saliti sulla papa mobile dei bambini io ho pensato che bello se ci fossi stata anchio ti avrei dato la mano per un pezzo di strada così tu mi avresti protetta».

Che Papa Francesco sia amato da tutti, e soprattutto dai bambini è palese. La sua bonarietà, il suo sorriso, il suo trasporto verso i piccoli sono segni della profonda umanità che sa diffondere attorno a sé. Coi bambini in modo particolare ha instaurato un dialogo a distanza, e loro desiderano parlare con lui e ogni giorno gli scrivono, gli espongono i loro drammi che spesso sono tragedie famigliari, storie di omicidi, di povertà, carcere e disoccupazione. Ma raccontano anche i loro sogni, desideri e speranze.

È un libro insolito ma importante questo, sorta di antologia in cui, tra lettere e disegni, scorre il pontificato. È stata rispettata la riservatezza, cambiando i nomi dei bambini, per il resto tutto è vero, compresi gli errori di grammatica e ortografia, segnalati in corsivo. Sono parole che al Papa spesso strappano lacrime e sorrisi perché i bambini sono capaci di «smascherare l’ipocrisia e il cinismo degli adulti» ed esprimere un mondo di pudore e innocenza.

Con somma franchezza Bianca dalla Terra dei Fuochi scrive raccontando della malattia di una sua amichetta, ma soprattutto chiede l’intervento del Papa perché «tu che sei più vicino al Signore, potresti dirgli di convincere gli uomini a essere più buoni con la Terra e coi bambini?»

È solo un esempio delle centinaia di lettere (900 alla settimana, solo dall’Italia) che il Papa riceve ogni giorno dai bambini di tutto il mondo. Tutte nel giro di tre mesi hanno una risposta dal Vaticano, anche perché situazioni disperate come quella esposta da Matteo - che scrive da Scampia, uno dei quartieri più desolati di Napoli - non possono attendere.

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