Manzù, due mostre per il centenario

GUARDA IL VIDEO DELLE DUE MOSTRE ALLA GAMECClusone e Bergamo celebrano Giacomo Manzù. La Gamec di Bergamo (le foto qui riprodotte sono estrapolate dal sito della galleria) presenta, dal 1° ottobre all’8 febbraio 2009 (inaugurazione il 30 settembre), «Giacomo Manzù 1938-1965. Gli anni della ricerca» (GUARDA LE FOTO): una sintesi dell’opera scultorea di Manzù, realizzata negli anni della sua «ascesa» fino alla «consacrazione» artistica e conservata in collezioni pubbliche e private italiane, tra cui la permanente della Gamec di Bergamo (che conta nove sculture, due medaglie e opere grafiche e pittoriche dell’artista) e quelle dei Musei vaticani, della Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea di Roma e delle Civiche raccolte d’arte del Castello Sforzesco di Milano (da cui proviene la figura in bronzo di Susanna). Il Museo Arte Tempo (Mat) di Clusone ospita invece fino al 13 luglio all’8 febbraio 2009 l’originale anteprima «Giacomo Manzù. Gli anni di Clusone»: un’esposizione di una decina di opere coerenti e significative. IL CRITERIO STORICOGli anni entro i quali si contestualizza la mostra rimandano a precisi eventi e a un complesso contesto. Nel 1908, quando Giacomo Manzoni nasce da famiglia bergamasca indigente e numerosa di un calzolaio e sagrestano, il dibattito sulla scultura è più che mai vivo in Italia e l’ambiente in cui esordirà Manzù prende forma: il francese Maillol trova nella scultura classica in Italia e Grecia la propria via artistica che influenzerà l’ambiente braidense, il milanese Wildt sta vivendo la profonda crisi depressiva che caricherà la sua opera di valenze espressionistiche e lo scultore Medardo Rosso – importante riferimento per Manzù – inizia a «erodere» in Italia i miti dei maestri Hildebrand e Rodin.Il 1938 è l’inizio sia dell’esperienza di Manzù nel gruppo milanese Corrente sia della sua presenza internazionale. Il giovane scultore, allora alle prese con il primo Cardinale in bronzo (in mostra) e con i due giovani David (per cui fece posare di schiena la moglie Tina), si schiera – con gli artisti Birolli, Sassu, Migneco, Cassinari, Morlotti, Guttuso e Treccani – in favore di un’arte piena di vita e densa di contenuti umani, alternativa a quella degli epigoni novecentisti o dei primi astrattisti dominante a Milano. Partecipa a grandi manifestazioni. Il 1965, rappresentato nella mostra di Bergamo da una Sedia con natura morta , coincide con la conclusione del capolavoro di Manzù: i dieci pannelli della Porta della Basilica di San Pietro, la cui gestazione inizia dal ’48 e in concreto dal ’52 e di cui la Gamec proporrà tre pannelli in bronzo, di una collezione privata di Bologna e della Raccolta Manzù di Ardea, che – come spiega Rodeschini Galati, curatrice delle due mostre – sono varianti scartate, ma molto simili ai loro corrispettivi. GLI ANNI DI CLUSONEA motivare l’anteprima della mostra a Clusone sono le vicende biografiche di Manzù, che vi trascorse gli anni della guerra dal ’42 al ’45, sfollato da Milano come artisti quali Funi, Tosi e Salvadori. Risalgono a questo periodo le opere esposte al Mat. Non solo per la datazione negli anni bellici, ma anche per i soggetti, ritratti femminili e infantili a cui Manzù si dedica in modo costante tra i decenni ’30 e ’60. Come dimostra il Ritratto della signora Musso , la stessa con cui Manzù intrattenne una fitta corrispondenza dal ’42 al ’46: «Il suo ritratto presentato alla Quadriennale di Roma del ’43 – sottolinea Rodeschini Galati – raccolse l’apprezzamento di un critico esigente come Lamberto Vitali». Icona dell’anteprima clusonese sarà il Busto di Carla in bronzo del ’40. Dello stesso anno i bronzei Ritratto di Ada e Busto di bambino , quest’ultimo accompagnato da una differente versione realizzata in cera e gesso intorno al ’42 e riecheggiato, nel particolare della testa, dalla nota figura Bambino con anatra di bronzo, intrapresa nel ’42 e conclusa nel ’46, antesignana di quella più geniale e dinamica del ’47 al Museo Revoltella di Trieste. Il tema ludico, caro all’artista, torna nella bronzea figura Bambina che gioca del ’43, anno che conclude il percorso storico della mostra con il Ritratto di Luisa e il busto de La polacca .GLI ANNI DELLA RICERCADa ottobre «alla Gamec – anticipa la curatrice Rodeschini Galati – cinquanta sculture in bronzo realizzate tra il 1938 e il ’65 illustreranno questo periodo fondamentale, ma ancora non precisamente esplorato, del percorso artistico di Manzù. Periodo che culmina con il pontificato di Papa Giovanni XXIII ed è importante anche per la fortuna critica dell’artista: allora iniziano a interessarsi alla sua opera Lamberto Vitali, Brandi, Argan, Ragghianti, Carrà e Gombrich. La mostra prende le mosse dalle Crocifissioni realizzate tra il ’39 e il ’42 e tocca i temi cari all’artista: dai ritratti e nudi femminili intensi e suadenti alla suggestiva resa psicologica del sembiante di personalità della cultura come Brandi, Carrà e Kokoschka, a cui l’artista fu legato da rapporti umani e professionali. In particolare, si evidenzia il passaggio stilistico avvenuto tra il ’48 – anno della personale e del premio per la scultura alla XXIV Biennale di Venezia – e i primi anni ’50, attraverso opere con la stessa iconografia come due versioni della Bambina sulla sedia del ’48 e del ’50. E si documenta l’innovativa scelta iconografica dei monumentali Cardinali , due esposti in mostra e uno nella corte esterna della Gamec, in cui ci sono già i Grandi amanti in marmo del ’71-’74 e verrà trasferito, dal giardino dell’Accademia Carrara, il bronzo del ’66 Giulia e Mileto in carrozza ». In catalogo, il fotografo Jacopo Ferrari illustrerà tutte le opere, lo storico Marco Roncalli e la direttrice del Museo Manzù, Marcella Cossu, affronteranno il tema sacro nell’opera dell’artista e la curatrice Rodeschini Galati raccoglierà la testimonianza di Livia Velani, già direttrice del museo di Ardea, sulla sua vita a contatto con lo scultore.L’ANTOLOGICA DI PIONello stesso periodo, sempre alla Galleria d’arte moderna e contemporanea di Bergamo, si terrà la prima mostra antologica dedicata a «Pio Manzù. Quando il mondo era moderno». «L’archivio di Pio Manzù, depositato alla Gamec – scrivono le curatrici Rodeschini Galati e Cattaneo – consente di tracciare per la prima volta un percorso completo della sua opera che, pur breve a causa della sua prematura scomparsa, ha spaziato dal design alla fotografia, alla grafica editoriale». (30/09/2008)

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