«Nuove consapevolezze, vecchi rancori»
Ecco Vasco e il suo «Sono innocente»

Trentasei anni di carriera, diciassette prove da studio e un nuovo album con il quale fare qualche conto con il passato.

S’intitola «Sono innocente» il nuovo lavoro firmato da Vasco Rossi che dal Medimex di Bari ha deciso di raccontare il suo ritorno a tre anni di distanza da «Vivere o niente».

L’album uscirà il 4 novembre anche in vinile in edizione limitata e con tre copertine ciascuna con una foto differente. «Io non so se c’è ancora qualcuno che oggi mi vuole processare ma anche se fosse la cosa ormai non mi preoccupa più - dice il rocker di Zocca -. Ho lavorato ad un album fatto di nuove consapevolezze e vecchi rancori. Ho voluto rispondere a tante critiche».

Il progetto di questo ultimo album è partito, come lo stesso Vasco annunciava sulla sua pagina Facebook, più di un anno fa con l’arrivo a sorpresa in tutte le radio del singolo «L’uomo più semplice», il brano con il quale il Blasco ha dichiarato in tono leggero la chiusura di un’era e dichiarava aperta quella dell’uomo nuovo.

«Questo è un disco di duro incontro con la mia testa - ha raccontato - che al mattino è sempre diversa dalla sera prima.Cerco di trovare un equilibrio tra l’emisfero destro e sinistro e voglio mostrarlo alla gente».

Al primo ascolto non trovi un pezzo che schizza fuori dall’album, poi riascoltando «Sono innocente» ti accorgi che ogni canzone delle quindici (dodici più tre bonus tracks) mantiene quella «subliminalità vascorossiana» (la capacità sottile, sotterranea, di arrivare sempre al risultato, al cuore del pubblico inquadrato) che fa certo la differenza.

Non c’è un solo brano che non abbia un senso, che non racconti, centrando l’obiettivo, uno spicchio del Komandante sempre più vicino nel look al Brando-Kurtz di «Apocalypse Now».

«Sono innocente», la canzone, è anche il modo di Vasco di ribadire il concetto di una vita che se ne frega, e al tempo stesso s’interroga sul senso dell’eterno ritorno di quelle «dannate nuvole» che sfuggono dalla mente, regalano l’incertezza.

Leggi il commento di Ugo Bacci su L’Eco di Bergamo del 31 ottobre 

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