Piero Brolis ricordato alla Banca Popolare

Il grande scultore bergamasco è scomparso 25 anni fa, lasciando opere di incomparabile bellezza e intensità. Il ricordo di Ferdinando Noris e Amanzio Possenti

Lo scultore Piero Brolis (a destra) con il pittore Giovan Battista Galizzi

Uno scultore che ha affrontato il suo percorso artistico proprio come la sua vita: così l’artista bergamasco Piero Brolis (1920-1978) è stato ricordato a 25 anni dalla scomparsa in un affollato incontro dal titolo «L’etica della Forma. L’Opera di Piero Brolis», organizzato dal Circolo Culturale G. Greppi, con il patrocinio della Provincia di Bergamo, alla Sala Funi della Banca Popolare di Bergamo.

Affidato dalla moglie Franca Petteni Brolis all’acuta indagine critica del prof. Fernando Noris e al ricordo di amicizia di Amanzio Possenti, l’omaggio a Brolis, uomo e artista, ha portato alla luce nell’opera di uno dei più significativi scultori nella storia dell’arte bergamasca quel legame inscindibile tra arte e vita che ha nutrito le sue creature di un’intensità e di una delicatezza davvero uniche: «Il rispetto per il senso e il valore della forma nasce nell’opera di Brolis - ha sottolineato il prof. Noris - dalla coerenza tra la sua arte e la sua vita. Egli ha fatto le cose in quel modo perché così è vissuto. Tracciava prima di tutto forme di vita e per questo il suo modo di produrre le forme è stato intrinsecamente, e culturalmente etico».

«L’assoluta fedeltà al suo credo artistico, - ha aggiunto Possenti - l’esistenziale capacità di essere delicato con l’idea e la materia, la capacità di affrontare qualsiasi tema con profondo rispetto e la negazione a qualsiasi forma di compromesso con il mercato, nascevano in Brolis da una profonda libertà morale, di pensiero come di linguaggio e di azione, e da un’intima sensibilità verso i valori che contano e che restano. Lo stile delle sue opere è lo stile della sua vita. Oggi l’opera di Brolis ci trasmette la bellezza intesa non solo come ipotesi estetica ma anche come profonda espressione dell’uomo».

Spaziando dal ritratto alla figura intera, dal monumento alla medaglia, Brolis nutriva le sue opere della fede nel potere salvifico della bellezza, un messaggio che la sua scultura ha portato in tutto il mondo, da Bergamo a Lucerna, da Firenze a Tel Aviv, da Roma a Mosca, da Brescia a San Pietroburgo.

Lo aveva già sottolineato del resto GianCarlo Vigorelli: «Non è soltanto la tematica religiosa, a mettere in mostra la carica spirituale, del resto rintracciabile anche in soggetti profani, della sua scultura. Il suo stesso vitalismo sottintende, e rivela, i contrassegni di una segreta sacralità, congiuntamente d’ordine etico ed estetico. E’ la bellezza - continuava Vigorelli - anche in chi oggi la dissacra, che di per sè è e resta sacra. E Brolis della bellezza ha sempre mantenuto vivo un culto quasi classico...».

Come si traduce nella sua opera questa sintesi di rigore etico ed estetico? La si apprezza innanzitutto nel disegno, «morbido nei chiaroscuri - ha detto Noris - incisivo nei tratti e sempre aperto, allusivo, pronto a diventare tridimensionale nella materia», attraverso il quale l’artista riusciva a «possedere la realtà fisica e spirituale». Ma soprattutto nel passaggio dall’intensità drammatica del bozzetto alla pacatezza della traduzione plastica, dove il racconto di un’ emozione del momento si placa in quello di un valore eterno. Lo si coglie in forme assolutamente grandiose in una delle opere più note e significative dello scultore, quel grande bronzo della Via Crucis eseguita per il Tempio di Ognissanti nel cimitero di Bergamo a cui aveva dedicato lunghi anni di meditazione,introspezione, lavoro costante. Non si può non lasciarsi coinvolgere seguendo con lo sguardo il racconto del grande ciclo scultoreo dove vizi e virtù, madri e bambini si succedono, ciascuna figura autonoma nel suo splendore plastico ma allo stesso tempo legata all’altra in un racconto senza soluzione di continuità nel quale il viaggio della Croce diventa la più bella allegoria della vita: «Il grande ciclo della Via Crucis si può leggere come una Commedia Dantesca alla Brolis, - ha suggerito il prof. Noris - come una grande epopea del viaggio dell’uomo insieme a quello della Croce. E’una summa di pensiero, scultura e cultura così grande e intensa da essere una rarità non solo in Italia ma nella scultura mondiale. Con un esplicito richiamo alla classicità, non solo nel caratterizzarsi come un fregio continuo ma anche dal punto di vista narrativo, strutturandosi quasi come una tragedia greca dove al coro è affidato il compito di commentare le vicende , dando voce alle impressioni degli spettatori».

«Di fronte alla Via Crucis di Brolis - continua Noris -siamo spettatori di una sacra rappresentazione dove l’umanesimo medievale è pensato con la pienezza della classicità. Faccio fatica a pensare a una sintesi più moderna di questa».

Eppure Brolis è stato capace di ripensare la classicità con un’occhio privilegiato alla tradizione bergamasca: «Nell’opera di Brolis - ha concluso Noris - la classicità si coniuga con il realismo dell’arte bergamasca, fatta di carne e sangue. Brolis ha rinnovato a Bergamo lo schema del grande sistema artistico che non si limita a produrre opere isolate ma che le condensa in un unicum continuo, di un tale ordine di grandezza da richiamare alla mente tanto le storie del Lotto a Trescore come i grandi cicli michelangioleschi e raffaelleschi».

Brolis dunque, in una vita che pure è stata breve, ha lasciato alla sua città un’eredità importante, come ha sottolineato l’assessore provinciale alla cultura Tecla Rondi: «Credo che Brolis abbia saputo interpretare la più profonda dimensione umana, i valori in cui si riconosce tutta la cultura occidentale ma allo stesso tempo ha mantenuto un forte legame con la tradizione che ne fa uno degli artisti più amati della nostra terra. E’ un artista cui la nostra comunità deve molto perché con la sua arte ha dato un contributo importante alla crescita di tutti noi». All’incontro sono intervenuti anche Antonio Parimbelli e Alfredo Gusmini, rispettivamente Vicepresidente e condirettore generale della Banca Popolare di Bergamo, e il Presidente del Circolo Greppi, Nuccio Lampugnani.

Barbara Mazzoleni

(17/05/2003)

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