Thiollier, tecnica e fantasia al pianoforte

«Il teatro e il pianoforte» secondo François-Joel Thiollier. Stasera, 5 giugno, il Festival Pianistico Internazionale si allontana dalle grandi serate sinfoniche e ritorna al più composto mondo del recital per pianoforte solo. Il pianista franco-americano sostituisce il concerto di Rossana Tomassi Golkar e l’omaggio al compositore Franco Mannino. Tuttavia chi si attende una serata più tranquilla e tradizionale resterà deluso. Non solo perché il funambolico pianista-giocoliere è quanto di meno accademico e ortodosso si aggiri tra i tasti bianchi e neri del pianoforte, ma perché il programma espressamente predisposto da Thiollier per il tema del Festival è un vero e proprio arsenale di sorprese pienamente teatrali.

Thiollier è pianista di difficile definizione e classificazione: il maestro franco americano da tempo persegue strade tutte sue, in cui l’ironia, molto francese, lo spettacolo graffiante e la profondità presentata sotto le spoglie dissimulate di Satie, piuttosto che di Cage o Ravel, colpisce lo spettatore nel momento stesso in cui lo seduce con il piacere più amabile.

Calza a pennello una partenza con l’autobiografismo di Rossini, per arrivare al Ravel tragico e falsamente vestito a festa de "La valse" (un turbinio tecnicamente vertiginoso). Nella sua cintroduzione alla serata, (spunti raccolti da Anna Bergonzelli) Thiollier cita Busoni ma anche Diderot, svariando tra seriose considerazioni e causticità illuministica.

Al di là del Gershwin più autentico - quello dei songs che lo hanno reso immortale come The man I love, I got rhythm, Do it again e così via - o dei medley più riusciti e popolari del West Side Story di Bernstein, sicuramente Thiollier metterà sul palcoscenico la sua più sincera identità, pienamente a proprio agio nel "paradosso del commediante" secondo la definizione di Diderot.

(04/06/2004)

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