Ciao Felice, grande uomo e campione
«Grazie, hai insegnato a lottare sempre»

Da Moser a Saronni per l’addio al campione bergamasco Felice Gimondi. La lettera della moglie Tiziana e delle figlie Norma e Federica. Folla ai funerali a Paladina. Foto e video

È il giorno dell’ultimo saluto al grande campione Felice Gimondi: poco prima delle 11 di martedì 20 agosto il feretro del ciclista bergamasco, vincitore delle tre grandi d’Europa - Tour de France, Giro d’Italia e Vuelta spagnola - ha lasciato la camera ardente per dirigersi verso la chiesa parrocchiale di Paladina. Il sagrato è gremito di corridori, tifosi, i Gimondiani, che si sono stretti intorno alla famiglia Gimondi dopo l’annuncio della scomparsa sabato per un malore fatale ai Giardini Naxos in Sicilia.

Presenti fra gli altri anche molti nomi noti delle due ruote come Francesco Moser e Beppe Saronni, Paolo Salvoldelli e Moreno Argentin, Giambattista Baronchelli, Dino Zandegù e il presidente della Federazione ciclistica italiana Renato Di Rocco. Presenti Tonina, la mamma di Marco Pantani, gli ex Marino Basso, Davide Boifava, Ct nazionale Davide Cassani, Maurizio Fondriest, Marco Milesi, Gianmaria Fagnini, Giancarlo Ferretti “Ferron” che dall’ammiraglia ha guidato grandi campioni, Faustino Coppi. Il grande assente, il rivale di sempre, Eddy Merckx, che ha chiamato però la moglie di Gimondi, Tiziana, per scusarsi. «Troppo forte il dolore per me» ha detto, come riportato da Rai Sport.

Sono i grandi campioni che hanno fatto la storia del ciclismo a portare il feretro di Gimondi, uniti al bergamasco non solo da una grande passione del ciclismo ma anche da una stima per quei valori che Felice ha sempre rappresentato e testimoniato nella sua vita: riservatezza, lealtà, grande amore per la sua professione e per la famiglia, in primis la moglie Tiziana e le figlie Norma e Federica.

Beppe Manenti, G. B. Baronchelli, Massimo Girotto, Osvaldo Bettoni, Dario Acquaroli, Moreno Argentin, Paolo Savoldelli, Giovanni Bettineschi hanno portato tra gli applausi il feretro all’interno della parrocchiale in un momento molto commovente per tutti i presenti. Il feretro è stato accolto in chiesa sulle note dell’ «Hallelujah» di Cohen. A celebrare la Messa il vicario generale della diocesi di Bergamo, monsignor Davide Pelucchi, in rappresentanza del vescovo Francesco Beschi, impossibilitato a venire, insieme al parroco di Paladina, don Vittorio Rossi, a monsignor Mansueto Callioni, parroco di Almè e guida spirituale della famiglia Gimondi e ad altri sei sacerdoti oltre ai padri Giuseppini.

La Chiesa è piena di gente e una grande folla staziona in piazza. Numerosi anche i ciclisti dilettanti venuti con la divisa da gara a rendere omaggio in bicicletta al vecchio campione, nato a Sedrina 76 anni fa. In prima fila anche le massime istituzioni bergamasche: il prefetto di Bergamo, Elisabetta Margiacchi, il questore Maurizio Auriemma, il sindaco di Bergamo Giorgio Gori. In duemila hanno preso parte ai funerali.

È stato proprio monsignor Davide Pelucchi a ricordare i tratti salienti della personalità di Felice Gimondi, così permeata del carattere tipico della Valle Brembana dove è nato e cresciuto, capace di sacrificio, dedizione e lealtà. «È partito dall’oratorio di Sedrina ed è arrivato a Parigi in giallo. Partito dall’oratorio di Sedrina ora va in Paradiso di corsa». Monsignor Pelucchi ha ricordato l’uomo prima che il campione Felice Gimondi e l’amore per la sua famiglia. Per Tiziana, la moglie, con cui ha condiviso 51 anni di matrimonio e che sabato ha salutato con un bacio e poche parole prima di congedarsi. «Ci vediamo tra poco».

Ha preso poi la parola monsignor Callioni, amico intimo e guida spirituale di Felice Gimondi. «Oggi abbiamo bisogno di fare memoria: ciascuno di noi potrebbe ricordare oggi uno, dieci, cento episodi in cui Gimondi è entrato nella nostra vita, per dirgli grazie delle sue vittorie di campione, che infondevano coraggio orgoglio e gioia anche agli italiani che erano all’estero a lavorare come boscaioli in Savoia o minatori in Belgio».

«Ma grazie lo diciamo non solo per le tue vittorie - ha aggiunto il sacerdote -, ma anche per le sue sconfitte da campione: ci hai insegnato a lottare sempre, a non cedere mai e a non arrendersi mai, perché nella vita non si può sempre vincere. Ora siamo qui a pregare per Felice e la sua famiglia, ma anche per tutti noi, per chiedere al Signore il conforto alla nostra sofferenza e la luce a tanti nostri interrogativi oscuri: perché Lui ci illumini attraverso la sua Parola».

Ha poi preso la parola Massimo Gimondi, che ha letto una lettera scritta dalla moglie di Felice Gimondi, Tiziana, e dalle figlie Norma e Federica: «Ci hai insegnato il rispetto per l’avversario, a non arrenderci mai, e così faremo in questo grande dolore. Promettici di tenerci ancora per mano. Sei partito a 22 anni da Sedrina e sei arrivato con la maglia gialla a Parigi. Ti vogliamo ricordare così, con la tua maglia in sella alla bicicletta. Ci hai insegnato a lottare sempre, anche quando ti davano per perdente».

Don Vittorio Rossi ha poi ricordato la devozione di Gimondi per la Maria e il gesto di aver dedicato la maglia gialla del Tour de France alla Madonna della Cornabusa. La celebrazione funebre si è chiusa con l’«Ave Maria» di Schubert. La celbrazione si è chiusa intorno alle 12.30 con l’uscita del feretro accompagnato dalle note di Leslie Abbadini e da un lungo applauso di tutti gli appassionati che aspettavano fuori dalla chiesa.

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