«Grata per ogni minuto, per ogni respiro»

Questo racconto ci è arrivato da Serena, una ragazza di 23 anni, laureata in Psicologia a Bergamo. La sue riflessioni, i suoi pensieri vanno ben oltre una semplice testimonianza. Per capirlo occorre solo leggerlo.

Innanzitutto tranquilli, sto bene.
Questa è la mia normalità, ebbene sì, è questa la mia palestra e il mio workout. Sono attaccata al mio ventilatore tutta notte e di giorno quando sono a casa, incastrato tra università e studio, uscite, fisioterapia, un selfie e l’altro.

Ho poi altri esercizi respiratori con altri dispositivi da fare durante la giornata, quindi direi che faccio un buon allenamento e sono abbastanza impegnata. Ovviamente quando sono malata, e ho anche una semplice tosse, tutte queste macchine vanno 24 ore su 24. Ci convivo da ormai dieci anni, è stato troppo difficile accettarle. Mettono nero su bianco il fatto che tu non sei disabile, ma sei diversamente abile, che i tuoi polmoni sono un po’ più deboli e hanno bisogno di un aiuto, che devi stare attenta e non correre rischi. Ma ora guai a chi me le toglie; sono la mia salvezza e la mia salute.

Non ho mai pubblicato una foto fino ad ora che mostri questo mio lato, che “sbatta” in faccia la realtà con questa prepotenza, forse per pudore o forse per vergogna, ma credo che sia giunto il momento, perché dietro a quel sorriso e alla ricerca della perfezione nell’imperfezione non è poi tutto rose e fiori.

Conosco bene la paura di non riuscire a respirare in autonomia e conosco bene la gioia quando togli la ventilazione. È una sensazione strana che non riesco a descrivere. Conosco bene il bip di un saturimetro o di un ventilatore sempre nell’orecchio. È fastidioso. Conosco bene la pazienza e la forza di volontà. È la normalità. Conosco bene lo stare a casa per giorni, tra divano, letto e carrozzina. È meraviglioso varcare la porta e vedere cosa è cambiato e cosa mi aspetta fuori. Per questo sono molto vicina alle anime e ai corpi che stanno lottando, non è facile ma si può vincere.

Per vincere non bisogna e non si può essere soli, ecco perché nello sport cosi come in qualsiasi tipo di competizione c’è sempre il rumore di mani che applaudono, voci che urlano e incitano. Ecco, noi oggi dobbiamo incitare in silenzio, restando a casa e facendo sì che il silenzio delle nostre città faccia più rumore di uno stadio o di un palazzetto.

Ci sono 10, 100, 1000 cose nefaste di questa tragica situazione, ma in mezzo a questo buio una cosa positiva l’ho trovata: il virus ci mette tutti sullo stesso livello, tutti uguali senza nessun tipo di distinzione.

Tutti fermi a capire che bisogna rivedere un attimo il vivere. Non è legittima alcuna sofferenza, né legittimo è il dolore. Spero però che tra qualche mese o anno ci sia meno compassione e più comprensione, si impari a mettersi nei panni degli altri, ci siano meno sguardi indiscreti, ci sia più rispetto e umiltà, ma soprattutto più gratitudine e consapevolezza.

Gratitudine per ogni minuto, ogni giorno, ogni respiro. Consapevolezza che nulla è scontato. Io ho conosciuto entrambe con il tempo, e anche se a volte vorrei scappare, sono grata alla vita.

Proprio qualche giorno fa è stato il mio compleanno, non è stato un giorno perfetto, come non sono perfetti i miei ricci, i miei sorrisi, le mie mani, la mia schiena e il mio Dna. Non sono stati perfetti i miei ventitré anni e non è perfetta la mia vita. A me va bene così, perché quando mi ha tolto mi ha insegnato, quando mi ha dato mi ha arricchito.

La vita, una strada da percorrere con dei piccoli traguardi e ogni tanto delle prove da superare se vuoi continuare. Tu nel mezzo con tutta te stessa.
Quante volte ho visto questa scena e quante volte sono caduta e ho avuto paura, eppure si, ce l’ho sempre fatta e sono andata avanti. Ho trovato la forza nella mia famiglia, nelle poche ma vere amicizie, nella musica, nella preghiera e in me stessa. Quando c’era bisogno anche nei medici.

Cercatela, ovunque e in qualsiasi cosa, perché la troverete. Anche nei momenti come questi c’è. Bisogna avere forza, determinazione, coraggio e sì, anche fragilità: è questa la mia pillola per la serenità. Non credo che esista la felicità assoluta, perché credo che la felicità sia fatta da istanti, ma la serenità sì.
Voglio pensare che questo pezzetto di vita ci possa cambiare e insegnare tanto, soprattutto ad ascoltare di più il proprio cuore e la propria anima, ad essere umani. Siamo chiamati a vivere, non a esistere.
Pensiamoci. 
Serena Averara

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