Coronavirus, tra 2-3 mesi
i primi test su un vaccino

L’immunologo Anthony Fauci: «Se avrà successo potremo promuovere
un test clinico più ampio», ma ci vorranno ancora tra i dodici e i 18 mesi.

Due o tre mesi per il primo test del vaccino contro un virus dall’evoluzione ancora «imprevedibile», dai tanti punti ancora oscuri e probabilmente capace di trasmettersi anche senza sintomi: è lo scenario dell’epidemia da coronavirus tracciato in un’intervista all’Ansa da Anthony Fauci, fra i più celebri immunologi del mondo e direttore dell’istituto statunitense per lo studio delle malattie infettive Niaid (National Institute of Allergy and Infectious Diseases), che fa parte dei National Institutes of Health (Nih).

Punto di partenza nel cammino verso il vaccino, così come nella conoscenza del virus che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha chiamato Covid-19, è stata la sua mappa genetica: «Le sequenze genetiche messe a disposizione dalla Cina hanno permesso di sviluppare rapidamente un test diagnostico» e «sono state utili nello sviluppare un vaccino preventivo».

Su quest’ultimo, ha proseguito Fauci, «stiamo lavorando con l’azienda biotecnologica Moderna e con la Coalion for Epidemic Preparedness Innovation (Cepi)». Il vaccino si basa su una delle tecnologie più avanzate oggi disponibili, che utilizza la sequenza del materiale genetico del coronavirus, ossia l’acido ribonucleico (Rna). È quindi un vaccino sintetico, che non utilizza il virus ma l’informazione contenuta nelle mappa genetiche finora pubblicate sulle banche dati GenBank e Gisaid, entrambe liberamente accessibili a tutta la comunità scientifica.

«Stiamo lavorando per sviluppare un vaccino a Rna messaggero per il nuovo coronavirus», ha detto Fauci, ed «entro due o tre mesi potrebbe essere pronto per la fase 1 dei test clinici», che saranno condotti su «un piccolo numero di adulti sani negli Stati Uniti per vedere se il vaccino è sicuro e in grado di indurre una risposta immunitaria. Se questo avrà successo e l’epidemia non sarà conclusa potremo promuovere un test clinico più ampio, di fase 2, allo scopo di dimostrare l’efficacia (o meno) del vaccino in un arco di tempo che va da un anno a un anno e mezzo». A questo punto, «se il vaccino si sarà dimostrato efficace, saranno necessari ancora dei mesi per produrre una quantità di vaccino sufficiente per una vasta distribuzione».

Nel frattempo si studia il virus per cercare di capire quanto sia aggressivo e letale. Una delle domande aperte riguarda le vie di trasmissione: «in genere la maggior parte dei virus si trasmettono quando qualcuno ha i sintomi, ma con il nuovo coronavirus - ha rilevato Fauci - sembra esserci una trasmissione asintomatica», ossia da parte chi pur avendo l’infezione non mostra ancora i sintomi.

La buona notizia è che, considerando i casi asintomatici o con sintomi molto lievi, il tasso di mortalità del coronavirus potrebbe essere inferiore al 2% finora calcolato sulla base del rapporto fra il numero complessivo di casi e quello delle morti dovuti al virus.

«Impossibile - infine - prevedere come il virus potrà evolversi. La nostra speranza è che le straordinarie misure di contenimento che la Cina ha messo in atto aiutino a evitare che l’epidemia possa trasformarsi in una pandemia. Ma dato che il virus è presente in 27 Paesi e si trasmette da uomo a uomo, potrebbe prendere piede e evolversi in una pandemia». L’emergere del Covid-19 è un altro episodio che si aggiunge alla lunga sequenza di virus comparsi nel corso della storia, «dalla peste bubbonica all’influenza del 1918. Non possiamo prevedere quali nuove malattie infettive compariranno né prevenire la comparsa di qualcosa di sconosciuto. Quello che possiamo fare - ha concluso - è imparare il più possibile sui virus emergenti, in modo da sviluppare rapidamente diagnostici, terapie e vaccini».

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