«La comprensione empatica
dà sicurezza al bambino autistico»

«Per molti anni i bambini con autismo sono stati visti come incapaci di formare relazioni di attaccamento con i loro caregiver. Venivano descritti come minori in disparte, distaccati, più interessati agli oggetti che alle persone».

A spiegarlo all’ITALPRESS è David Oppenheim, membro senior del Center for the study of child development dell’Università di Haifa (Israele), in Italia per presentare a Roma i risultati delle ultime ricerche scientifiche sul tema alla conferenza internazionale dell’Istituto di Ortofonologia (IdO) su «Attaccamento e autismo: l’importanza dell’insightfullness genitoriale».

”Una percezione talmente diffusa - prosegue lo studioso - da entrare a far parte delle edizioni precedenti del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM), il formale sistema di diagnosi della American Psychiatric Association».

Nella terza edizione del DSM (DSM-III; American Psychiatric Association, 1980), ad esempio, l’autismo è stato descritto come un ’mancato sviluppo del normale comportamento di attaccamentò, ma una serie di studi osservazionali, pubblicati a partire dagli anni ’80, hanno cominciato a sfidare questo punto di vista.

Piuttosto che fare affidamento sulle impressioni cliniche, i ricercatori hanno iniziato a guardare sistematicamente i comportamenti di attaccamento dei bambini, all’interno di osservazioni strutturate. La più importante è la ’Strange situation procedurè (Ssp), sviluppata da Mary Ainsworth. Da queste osservazioni sistematiche è emerso un quadro diverso: i bambini con autismo sviluppano un attaccamento ai loro caregivers e un numero significativo di questi sviluppa un attaccamento sicuro».

«La nostra ricerca sui bambini con autismo - continua Oppenheim - è basata sull’idea che la genitorialità offre un importante contributo alla sicurezza degli attaccamenti di questi bambini, ma non sosteniamo che i genitori abbiano un ruolo nell’eziologia dell’autismo. L’autismo non è causato da attaccamenti insicuri e un attaccamento sicuro non cura l’autismo. Piuttosto, la nostra premessa è che, nei limiti imposti dalla loro disabilità, un attaccamento sicuro può aiutare i bambini con autismo a massimizzare il loro potenziale di sviluppo in modo simile al ruolo che l’attaccamento sicuro ha nei bambini con sviluppo tipico».

Come cambia, quindi, l’approccio ai bambini con autismo? «Noi puntiamo quindi a sviluppare nelle figure genitoriali l’insightfulness, che definiamo come la capacità della madre di tenere a mente il mondo interno del bambino, pensando alle motivazioni che sono alla base del suo comportamento. Una madre che possiede una ’comprensione empaticà sarà più aperta ad accogliere i comportamenti del bambino nuovi e inaspettati, accettandone quelli problematici. Il piccolo con disturbi dello spettro autistico sarà quindi visto dalla madre in modo multidimensionale e ciò favorirà - conclude David Oppenheim - la sicurezza nel bambino e servirà da base per promuovere ulteriori aspetti del suo sviluppo».

«Viviamo in un momento storico e culturale molto difficile, fatto di scontri piuttosto che di incontri»
L’Istituto di Ortofonologia si è sempre battuto per una integrazione tra i differenti approcci proposti per il trattamento dell’autismo e per il coinvolgimento di esperti di diversi settori, associazioni e famiglie, ma anche per l’aggiornamento delle conoscenze evitando contrapposizioni culturali. Ma il panorama attuale vede uno scenario sostanzialmente diviso tra un modello comportamentale basato sull’addestramento da un lato e quello evolutivo fondato sulla motivazione dall’altro. Noi adottiamo un modello evolutivo, che considera tutti gli elementi dello sviluppo di un bambino come integrati tra loro e non come singole componenti». E’ questo, in sintesi, il pensiero di Federico Bianchi di Castelbianco, psicoterapeuta dell’età evolutiva e direttore dell’Istituto di Ortofonologia di Roma (IdO), intervistato da Italpress per presentare la conferenza internazionale, organizzata dall’IdO, su «Attaccamento e autismo: l’importanza dell’insightfullness genitoriale».

«Il nostro progetto integrato per l’autismo - spiega il direttore dell’Istituto di Ortofonologia di Roma - si chiama Tartaruga ed è psicodinamico, e non psicoanalitico, perché mette alla base dello sviluppo la dimensione affettiva ed emotiva. Crediamo fondamentale l’interazione dell’adulto con il bambino e diamo centralità all’interazione ludica con il minore e al coinvolgimento totale della sua corporeità. La motivazione è sempre alla base di qualunque intervento che proponiamo».

«Della nostra stessa opinione è Oliver James, un noto psicoterapeuta e giornalista inglese, che ultimamente alla Limbus Critical Psychotherapy Conference in Inghilterra, ha affermato: “La terapia comportamentale permette una correzione a breve termine, ma non offre un beneficio duraturo. E’ inefficace per la maggior parte dei pazienti. In sostanza è una forma d’igiene mentale. Copre con una sottile patina di ’lucido positivò il pavimento sporco della cucina della mente, ma i ’servizi lucidì tendono a non durarè. E questo, secondo lo psicoterapeuta britannico, perché non riesce ad affrontare la causa principale dei problemi di molte persone”».

Il convegno segna anche l’avvio della Scuola di specializzazione IdO in Psicoterapia psicodinamica dell’età evolutiva e del nuovo corso biennale su Valutazione e trattamento in età evolutiva per medici e psicologi.

«L’Adhd è una sindrome su cui permangono forti dubbi sulla sua stessa reale esistenza. Il Comitato Cittadini Diritti Umani (CCDU) aveva già riportato in un articolo la notizia sottaciuta in Italia della confessione shock del padre scientifico dell’Adhd, Leon Eisenberg, che ha confessato al giornale Der Spiegel che l’Adhd ’è una malattia fittizià, anche se ne ha molto beneficiato la sua carriera professionale». Lo afferma all’Italpress Federico Bianchi di Castelbianco, psicoterapeuta dell’età evolutiva e direttore dell’Istituto di Ortofonologia di Roma (IdO), a margine dell’intervista di presentazione della conferenza internazionale su «Attaccamento e autismo: l’importanza dell’insightfullness genitoriale».

Nello stesso articolo è poi riportata un’altra grande ombra per la presunta scientificità, costituita dal fatto che 170 membri della commissione per il Dsm (Manuale di psichiatria) avevano interessi finanziari con case farmaceutiche. La diagnosi di Adhd è molto discussa e soggettiva, tanto da passare dallo 0,3% al 6%. Questo giustifica che in Italia siamo all’1%, come indicato dal Registro dell’Istituto superiore di sanità, mentre in Germania il consumo di psicofarmaci per l’Adhd è passato da 34 kg nel 1993 a 1.760 kg nel 2011».

© RIPRODUZIONE RISERVATA