Bergamo-Mongolia
corsa pazza in Panda

Italia-Mongolia con un’utilitaria, perché no? Se lo sono domandato anche quattro bergamaschi che il 18 luglio, a bordo di due Panda annata 2000, 900 cc di cilindrata e naturalmente non 4x4 perché con la trazione integrale non ci sarebbe gusto, si raduneranno all'arena civica di Milano per la partenza tricolore della sesta edizione del Mongol Rally. Cinquanta equipaggi dall’Italia, in totale 500, includendo i team al via da Londra e Barcellona. Circa 14 mila chilometri di strada, di cui 3 mila sterrati: avventura allo stato puro e spirito di solidarietà.

L’organizzazione inglese, la League of Adventurists International, lo definisce rally (www.mongolrally.com), in realtà non è un rally come normalmente lo si intende, con una connotazione agonistica. Il suo nome vero è «la corsa più pazza del mondo». Che ha regole strane e insane: si sa la data di partenza, ma non esiste una data di arrivo (si può ipotizzare tra il 20 e 25 agosto), c’è assoluta libertà di percorso e si possono impiegare auto, non più vecchie di 10 anni, di 1.000-1.200 cc di cilindrata massima (125 cc se si tratta di uno scooter). A meno di non stupire lo staff di Bristol, una banda di mattacchioni, allineandosi ai nastri di partenza con un trattore, un caterpillar o un sidecar e sperare di non pagare la penale (100 sterline ogni 100 cc in più).

Nessuna jeep supertecnologica dotata di navigatore, ma la vostra cara, simpatica Panda, tanto per parlare dell’utilitaria prediletta dai concorrenti italiani. Soltanto rinforzata un po’ nei punti deboli per sopportare le montagne russe. Fino al 2008 la regola parlava di auto con più di 10 anni d’età, ma le autorità mongole sono ormai terrorizzate nel veder apparire sul loro territorio catorci sull’orlo della disgregazione più totale. Così hanno preteso il cambiamento della regola. Chi vuole usare un mezzo più vecchio dovrà rimpatriarlo.

I partecipanti, da tutto il mondo, hanno come obiettivo entrare trionfalmente a Ulaanbaatar, capitale della Mongolia, dove doneranno la loro auto, si spera ancora in condizioni dignitose (quattro ruote, il volante…), prima di rientrare in aereo, o con la Transiberiana o in autostop. Il «come» e il «quando» arriveranno non è fondamentale. Per la verità l’organizzazione non è in ansia nemmeno pensando al «se arriveranno». Non è garantita la minima assistenza, se si romperà il radiatore nel tamponamento con un cammello in Turkmenistan, si cadrà in una scarpata nel Pamir o se ci si perderà nell’immensità della Mongolia dovrà emergere l’arte di arrangiarsi…

«Noi non possiamo garantire per il tuo arrivo al traguardo e nemmeno per la tua sicurezza. Il Mongol Rally è un viaggio pericoloso dove è possibile mettere a rischio la propria vita», è scritto sul sito dell’organizzazione. Che parla anche di cammelli da affittare al costo di un ottavo di moglie... In realtà, non è un raid estremo per sconsiderati. Al di là di possibili guasti meccanici e della «voracità» delle forze dell’ordine delle ex repubbliche sovietiche, specializzate nello spennare i viaggiatori, dovrebbe essere un’avventura massacrante solo per i ritmi folli: 400 km di media al giorno.

Il Mongol Rally ha dato il là al filone, in grande espansione, del turismo avventuroso motorizzato ma non è una goliardata senza senso. Ogni team, che paga 650 sterline (763 euro all’ultimo cambio) d’iscrizione (il budget di un team di due persone è di circa 10 mila euro in totale, sponsor benvenuti), promette di devolvere almeno 1.000 sterline (1.173 euro) in favore di un’organizzazione umanitaria che ha un progetto attivo in uno dei Paesi attraversati dal rally. Per l’Italia l’ente beneficiario dei fondi è il Cesvi che opera in Tagikistan. Nel 2008 più di 220 mila euro sono stati destinati a vari enti.

Fonti inglesi dicono che per Bergamo è l’esordio assoluto nel rally. Il team «Senzafreni» è formato da Marco Sanfilippo, 44 anni, giornalista di Gorle, e Marco Carrara, 44 anni, imprenditore di Paladina, che a Istanbul darà il cambio a Marianna Dall’Angelo, 32 anni, bibliotecaria di Alzano. Il team «Spandati» è costituito da due bergamaschi di città, Alberto Locatelli, 25 anni, designer, e Nicola Munaretto, 24 anni, laureando in architettura, e dal milanese Pietro Marchisio, 26 anni.

Tra le rotte possibili, nord da Mosca o magari dal circolo polare artico, centrale dall’Ucraina e sud, è stata scelta quella meridionale, ovvero la più classica, la mitica «Via della seta»: Turchia, Iran, Turkmenistan, Uzbekistan (con la mitica Samarcanda), Tagikistan (con lo spettacolare altopiano del Pamir, più di 1.000 km di sterrato a 4 mila metri d’altezza), Kirghizistan, Kazakistan, Russia e Mongolia. Sul piano della stabilità politica, l’unica incognita del momento è l’Iran, scosso dalla repressione del governo verso i sostenitori di Moussavi. Le ultime notizie da Roma parlano di visti concessi per 14 giorni e non più per un mese, si dovrebbe dunque poter attraversare il Paese.

Chi vuole iscriversi per l’edizione 2010 del Mongol Rally non perda tempo, se ne parlerà già in autunno. Ah, il 13 dicembre 2009 scatterà da Londra l’Africa Rally.... Il sito www.ecodibergamo.it darà aggiornamenti costanti sul Mongol Rally 2009. E vi racconterà di un cielo stellato nel deserto.

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