La «senzafreni»
è arrivata a Istanbul

ISTANBUL (TURCHIA) - Duemilaquattrocentosette km e la Panda «senzafreni» ha conquistato con disinvoltura, arrancando soltanto un po’ in salita, il primo obiettivo del lungo cammino verso la Mongolia: Istanbul. Il tappone europeo del Mongol Rally è stato completato giovedì sera, 23 luglio, dopo due giorni di viaggio intenso e parziali di 496 e 627 km e dopo aver domato il traffico caotico della metropoli turca. Ma più che scrivere e goderci Istanbul, la mattinata di venerdì l’abbiamo persa per risolvere un problema che sta rovinando le vacanze e molti italiani: l’incubo Myair.

Vi avevo raccontato da Sarajevo che ero fisicamente cotto, ma mi sono ripreso subito e Marianna ha potuto darmi una mano al volante in quanto abbiamo avuto la sicurezza che la patente internazionale non è obbligatoria per guidare in Bosnia-Erzegovina e Serbia. Dunque, mercoledì 22 abbiamo salutato Sarajevo e, sbagliando direzione nell’allontanarci dalla città, siamo passati accanto alle strutture olimpiche dei Giochi invernali 1984 (quelle dell’oro di Paoletta Magoni) e all’ennesimo, ma in questo caso sconfinato, cimitero. Per la serie i bergamaschi doc o d’adozione sono proprio a ogni angolo del mondo, mentre stavamo percorrendo una strada di montagna a quota 1.200, ci ha fermato un motociclista, Onelio Piccinelli, varesino d’origine, trapiantato a Ponteranica dove vive la moglie, ma attualmente residente in Lussemburgo.

Si era concesso una scappata veloce di sei giorni in Bmw in direzione Sarajevo e stava deviando la rotta di rientro per arrivare a Visegrad e vedere il ponte sulla Drina, famoso anche perché titolo di un libro di Ivo Andric, premio Nobel nel 1961. La Panda va bene, ma in salita soffre ed è inevitabile ridurre moltissimo la velocità. Già mi immagino sui 4 mila metri del Pamir, in Tagikistan, a circa 10 km/h.... Comunque, paesaggio alpino di bassa quota, canyon, corsi d’acqua e laghetti verde smeraldo, infine boschi e la Serbia. Tassa d’ingresso di 0,5 euro a persona, nuovo cambio di valuta, ancora boschi, ancora un canyon e un fiume come compagni, ma progressivamente si è svelata la versione bucolica della Serbia che è un Paese prevalentemente agricolo. Con tanti campi di girasole.

E’ stata una giornata totalmente al volante con un panino e una birra ordinati a una cameriera che non intendeva nemmeno una parola elementare d’inglese e consumati ai bordi della strada. Già dopo Sarajevo le indicazioni sono in cirillico, in Serbia idem, e soltanto talvolta sono tradotte, per cui è diventato più complicato non smarrire la bussola. Verso sera abbiamo incontrato in una stazione di servizio (ah, un litro di benzina lo stiamo pagando circa un euro dappertutto) due team inglesi del Mongol Rally, reduci dal festone di Praga, a cui molte squadre italiane non hanno partecipato essendo fuori rotta. Sulla strada ci hanno invece superato due equipaggi bolognesi che avevamo conosciuto alla partenza di Milano. Quattro chiacchiere veloci e l’arrivederci on the road. Quanto ai romani del Panda Khan Team, ci siamo divisi a Makarska in Croazia, perché loro hanno puntato su Montenegro, Serbia, Macedonia e Grecia prima di passare per Istanbul e continuare sulla costa del Mar Nero.

Probabilmente ci rivedremo prima di entrare in Iran. Nessuna notizia dai bergamaschi del team «spandati». Mercoledì sera volevamo pernottare a Sofia, ma verso le 23, prima del confine con la Bulgaria, ci siamo arresi al sonno e una sosta in una stazione di servizio si è trasformata in una dormita in Panda. Partenza all’alba, ingresso in Bulgaria e bollino autostradale (10 euro; erano stati 15 in Slovenia). Ancora campagna. Sofia è una delle capitali più tristi d’Europa, per cui l’abbiamo liquidata in un battibaleno. Diverse cicogne con il nido in cima ai pali della luce ci hanno accompagnato fino al confine turco, dove ci siamo imbattuti in tre team provenienti da Barcellona. Curiosamente i cittadini spagnoli devono avere il visto per entrare in Turchia, a differenza di noi italiani. Ho domandato il perché a un funzionaio e lui ha risposto ridendo: «Voi avete Berlusconi...». Dovevamo prenotare l’hotel a Istanbul su internet, così ci siamo fermati nella prima città turca, Edirne. Infilandoci nelle viuzze ci siamo persi e siamo finiti nell’area derelitta della città, in cui anche la Panda ha stentato per dribblare carretti, animali vaganti, bambini ululanti e anziani. Sulla tangenziale di Istanbul non abbiamo visto l’uscita per il centro città, così è stata una mezza avventura arrivare nel cuore della metropoli, vicino alle due spettacolari moschee e al Topkapi, dove avevamo l’hotel.

Venerdì mattina l’abbiamo trascorsa gioiosamente in aeroporto perché Marianna aveva avuto la sventurata idea di prenotare e pagare per il rientro in Italia un volo della Myair (100 euro). Abbiamo domandato se potevamo cambiarlo con un volo Alitalia, ma la tariffa promozionale di 159 euro offerta dalla compagnia di bandiera italiana per dare una mano a chi era rimasto a piedi era valida soltanto per il 23, 24 e 25 luglio, mentre il volo di Marianna era per domenica 26. Ok, abbiamo deciso di prenotare un nuovo volo, l’ufficio Alitalia (che non aveva mai risposto al telefono) ci ha riservato un posto sulla tratta Istanbul-Milano con scalo a Roma per la modica cifra di 380 euro. Per fortuna ho avuto l’idea di informarmi in un’agenzia di viaggio turca che aveva uno sportello a nemmeno 50 metri di distanza: volo diretto Alitalia Istanbul-Milano a 220 euro! Prenotato e pagato e due paroline sarcastiche all’ufficio Alitalia.

Resto della giornata al gran bazar con contrattazioni surreali nate per gioco: avevamo subito precisato di non essere interessati ai tappeti, un venditore ha insistito, ci ha offerto the alla mela, ha parlato di un valore di 4.550 euro per un tappeto in lana, è sceso magicamente a 700 e infine ha dovuto arrendersi ai miei cortesi ma fermi no. Sabato 25 è il giorno dell’arrivo di Marco «Jack», domenica 26 rientrerà in Italia Marianna e il Mongol Rally diventerà un’avventura dura. Marco Sanfilippo

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Eco di Bergamo Dalla Serbia alla Turchia