La Panda sul Pamir
con l'acqua che bolle

OSH (KIRGHIZISTAN) Il contachilometri della Panda «senzafreni» segna 84.007 km, sono 8.608 dalla partenza di Milano il 18 luglio, e l'utilitaria ha scavalcato indenne pure il Pamir, pur con qualche sofferenza. Abbiamo tremato e temuto che la nostra avventura potesse complicarsi terribilmente, magari esaurirsi a quasi 6 mila km dalla Mongolia.

È stato come un film batticuore: lunedì 10 agosto, proprio nel momento cruciale, quando eravamo a meno di un km dalla cima Coppi del nostro Mongol Rally, l'Akbaytal Pass a quota 4.655 metri, si è accesa la spia di emergenza del motore e così ci siamo fermati immediatamente. L'acqua era in ebollizione. Abbiamo lasciato raffreddare il motore per un quarto d'ora, la Panda si è riaccesa, e anche la spia, ma per fortuna il passo era davvero a un passo. Ancora mezz'ora di riposo, la temperatura dell'acqua è diminuita, così ci siamo lanciati nella discesa e per fortuna, dopo un nuovo stop di controllo, la spia si è spenta.

Molto probabilmente il motore è stato sottoposto a uno sforzo eccessivo, non scordiamoci che è un 900 di cilindrata. La piccola Fiat ha perso qualche cavallo di potenza e ora nelle salite arranca di più, ma il pezzo duro d'alta quota ormai è alle spalle. Speriamo che la guarnizione della testata resista perché in effetti la Panda sta consumando un po' d'acqua.

In quattro giorni, da sabato 8 agosto a martedì 11, abbiamo dunque attraversato il Pamir, una serie impressionante di catene montuose e vallate in Tagikistan con cinque passi a più di 4 mila metri per un totale di 1.242 km. Per un lungo tratto la M41 si sviluppa su un altopiano a 4 mila metri: gli insediamenti umani sono rari, ma le persone sono di rara, squisita gentilezza. E se hanno soltanto due patate da mangiare te le danno. E' un mondo così sconfinato che pare irreale. Nel nostro diario di viaggio avevamo previsto cinque giorni per il Pamir, avendolo percorso in uno in meno abbiamo recuperato il giorno di ritardo sulla tabella di marcia generale. Obiettivo Ulaanbaatar per il 21 agosto.

SABATO 8 AGOSTO
Partenza da Dushanbe, capitale del Tagikistan, l'ex repubblica sovietica più povera, anche perché dilaniata negli anni Novanta da una guerra civile che ha causato 50 mila morti. Purtroppo il tempo stringe, le incognite sono una miriade e di conseguenza non possiamo visitare i progetti del Cesvi a Khovaling. Come sapevamo, l'asfalto ben presto si trasforma in sterrato.

Esiste una strada più lunga ma più scorrevole, purtroppo dall'1 al 31 agosto è chiusa al traffico, come ci ha informato l'organizzazione del rally, a sua volta allertata dal console britannico in Tagikistan. Ci avevano parlato di ponti crollati e di fiumi da guadare, esatto, ma sono stati attraversamenti soft. La strada è disegnata sul fianco di montagne, erose dai corsi d'acqua, che sembrano doversi sbriciolare. Il paesaggio è vario, ma non esaltante con valli-pietraie, orridi abbozzati e fiumi grigi.

Un vecchio carrarmato è incastrato tra le rocce di un corso d'acqua. Passo a quota 3.272 metri, le montagne so! no verdi. Quinto posto di controllo. Come sempre, una sbarra d'entrata e d'uscita con in mezzo una minuscola casetta, praticamente una stanza con una o più brandine e una stazione radio, in cui il soldato di turno registra nome e cognome, numero di passaporto, marca dell'auto e numero di targa e destinazione. Atmosfera amichevole, residui molto lontani di guerra. Scendiamo che è ormai sera verso Kalaikhum, il fiume lambisce case con giardini. Nella cittadina, curiosità da sagra paesana per il duo straniero motorizzato, sesto controllo e notte in un hotel in costruzione!

DOMENICA 9 AGOSTO
Per 192 km la strada corre accanto al fiume e al confine con l'Afghanistan. C'è un carrarmato distrutto a pochi metri dalla nostra strada, indicazioni segnalano il campo minato. In territorio afghano vediamo alcune donne arrampicarsi su un sentiero scosceso. Con il teleobiettivo immortalo un quadretto di famiglia. Le acque sono tumultuose, attraversare il fiume a nuoto sembra impossibile. Molti chilometri più avanti diventano placide e difatti compare qualche soldato tagiko di sorveglianza.

Ci sono piccoli villaggi, oasi di verde, i bambini fanno il bagno nel fiume. Ci fermiano per il rifornimento di carburante - niente pompa, solo taniche - e domandiamo al benzinaio se ha anche acqua da bere. Risultato: ci conduce in un hotel-ristorante lì vicino, l'unico nel raggio di molti chilometri, dove stanno preparando un banchetto di nozze, «rubacchia» tè, biscotti, frutta e caramelle e ce li offre in una camera. Asfalto bello, la sorpresa del cuore del Pamir, ma io ho un momento di! distrazione e una doppia buca è fatale alla sospensione posteriore destra: tranciato il supporto.

Ci manca la chiave del 19 per staccare la sospensione dalla sua sede, chiamiamo con il satellitare il Panda Khan Team che è qualche chilometro più avanti, ma nel frattempo si ferma un team inglese del Mongol Rally, che pure è di corsa per problemi di visto, e ci presta la sua borsa degli attrezzi. Riparazione a Khorog. Cercando un meccanico rimediamo un fabbro. Marco si avventura con lui in un pollaio dove c'è una saldatrice d'anteguerra che però funziona magicamente. I due pezzi sono saldati e Marco rimonta la sospensione.

Nel terzo e ultimo controllo della giornata, uscendo da Khorog, i militari ci dicono che il visto è ok ma che il nostro permesso per visitare il GBAO, la regione autonoma del Gorno-Badakhshan, non comprende quell'area, così dobbiamo pagare l'equivalente di 4,5 dollari a cranio. Michelangelo è un appassionato campeggiatore ed è super attrezzato, noi abbiamo ! una tendina striminzita, ma non rinunciamo a una notte sotto le stelle a 3 mila metri di quota. Cena ricca: risotto, formaggio, salamino e biscotti con la nutella.

LUNEDI' 10 AGOSTO
Colazione con tè e biscotti e full immersion nei grandi passi. La strada, ancora asfaltata (tranne che in prossimità dei passi), ci conduce rapidamente ai 4 mila metri dell'altopiano. Primo passo a quota 4.272 con foto ricordo. Nel villaggio di Alichur, tra persone con la pelIe arsa dal sole delle alte quote, conosciamo Shanoza, una ragazza di 19 anni, che ci invita a casa sua per bere un tè (in questa parte del mondo ti salutano e cinque secondi dopo ti domandano se vuoi un «chay», un tè) e ci offre pure pane e burro.

Shanoza studia biologia all'università di Khorog ed è rientrata a casa per le vacanze. Ha due sorelle e la mamma è insegnante d'inglese. Noi congelati, senza parole, quando Shanoza racconta che in inverno ad Alichur si toccano i 50 sotto zero. Nel villaggio ci sono anche due tedeschine, zaino in spalla, in vena di autostop, ma sulle due Panda non c'è spazio. Il secondo passo a +4 mila lo superiamo senza nemmeno accorgercene. Sosta a Murgab, giusto il tempo di ! apprezzare un gustoso «plov» (riso con carne e verdure) e di fare un giro al mercato, dove le bancarelle sono in prevalenza dentro vecchi container, e per 4 dollari un «ak kalpak, il tradizionale cappello di feltro kirghizo, finisce sulla mia testa.

Fuori Murgab per un errore di rotta imbocchiamo una strada larga, molto larga: è la pista di un aeroporto in disuso! Ancora grandi montagne, cime di 5-6 mila metri svettano intorno a noi (la più alta dell'area è l'Ismoil Somoni Peak a quota 7.945). Ecco una recinzione che continua a perdita d'occhio: delimita la zona di sicurezza tra l'ex Unione Sovietica e la Cina. Sterrato, si attacca la cima Coppi e la palpitante ascesa l'abbiamo già descritta.

Nella mezz'ora di riposo, immortaliamo i 4.655 metri indossando le magliette personalizzate dell'Atalanta regalateci dalla Onis - nerazzurri sempre più in alto è la speranza - e telefoniamo a Enrico Rossetti, il bergamasco di Nembro che ci ha preparato splendidamente la Panda, per un i! ncoraggiamento meccanico. Arriviamo che è ormai sera a Karakul e perno ttiamo, a quota 3.900 metri, in una casa per ecoturisti: tanto caldo e una buona zuppa. I proprietari sono due anziani kirghizi che non parlano inglese.

Su una parete c'è la foto di lui militare in Ucraina, lei fa capire che una volta era un bell'uomo, ora decisamente meno. La camera da letto è una grande stanza ricoperta di tappeti, cuscini e coperte colorate. Le popolazioni del Pamir orientale sono di fede ismailita (islamismo sciita) e hanno come leader spirituale e finanziario l'Aga Khan.

MARTEDI' 11 AGOSTO
Breve camminata all'alba per ammirare il lago Karakul, creato da un meteorite 10 milioni di anni fa. Una gemma azzurra, con le montagne innevate sullo sfondo, baciata dai primi raggi del sole. Tè e via verso il confine con il Kirghizistan. Sulla strada una deviazione, dobbiamo guadare un ruscello dove l'acqua è parzialmente ghiacciata. Il panorama è stupendo con il ruscello tra la pietraia, montagne ombreggiate a sinistra, imbiancate al centro, la luna in cielo e le due Panda in bella mostra.

Due olandesi in bicicletta sono in crisi di fame. Michelangelo regala loro scatolette di tonno e un po' di pane. Il giorno prima avevamo salutato sette spagnoli e una coppia di olandesi con un tandem aerodinamico. Ancora due passi a +4.000 metri da superare. Sul secondo, il Kyzyl Pass, a quota 4.336 metri, c'è il confine del Tagikistan.

La vista è straordinaria con una montagna color rosso fuoco che rivaleggia con una cima candida per la neve alle sue spalle, mentre la vallata è verde. ! In frontiera paghiamo una tassa di 36 dollari e stavolta il doganiere è pignolo, quasi, quasi controlla il contenuto il dentifricio. Non sappiamo esattamente che ora è, sembra che la popolazione locale adotti l'ora che preferisce, un'ora più o in meno, non è un problema.

Dopo 18 km ecco la frontiera del Kirghizistan, breve attesa per entrare e pratiche super veloci, registrazione e timbro sul passaporto, ok in 10'. Montagne multicolori, ce ne sono diverse con striature rosse, verdi, beige e marroni, cavalli e yurte a volontà e anche una mandria di yak. Le strade sono in ricostruzione. Ingoiamo chili di polvere durante una discesa con il fondo in sabbia e mille metri di dislivello. L'asfalto, quando c'è, è disseminato di voragini, la guida è snervante. Vicino a Osh il manto stradale ci dà finalmente respiro, arriviamo dopo quasi 11 ore di viaggio e 273 km.

Marco Sanfilippo

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