Altri due data center, Aruba non si ferma

L’inaugurazione.A Ponte San Pietro l’ampiamento del campus più grande d’Italia nel segno della transizione digitale. L’a.d. Cecconi: «Da qui la trasformazione digitale del Paese». Il sindaco Macoli: «Esempio di rigenerazione urbana».

La vecchia ciminiera della Legler svetta ancora sopra i nuovissimi edifici targati Aruba. Passato e futuro convivono sotto il cielo di Ponte San Pietro. Dove prima c’erano i filatoi ora sorge il campus di data center più grande d’Italia: 200 mila metri quadrati di superficie totale, un investimento di 500 milioni di euro per un polo green-by-design, completamente alimentato da fonti rinnovabili certificate, dotato di impianti fotovoltaici, sistemi geotermici e una centrale idroelettrica di proprietà sul fiume.

Mercoledì 30 novembre l’amministratore delegato Stefano Cecconi ha tagliato il nastro dei due blocchi di ultimissima generazione che si affiancano al primo inaugurato nel 2017: il «DC-B», che si sviluppa su oltre 17 mila metri quadri per una potenza di 9 megawatt, e il «DC-C», altri 14 mila metri quadri per 8 megawatt di potenza a regime , ai quali si aggiunge un nuovissimo Auditorium da oltre 400 posti, ultra-tecnologico e aperto al territorio. Ma la crescita di Aruba non si ferma: altri due data center sono in via di progettazione, mentre sono già in corso i lavori per un edificio destinato alle opere di manutenzione.

Se per l’amministratore delegato di Aruba Stefano Cecconi «i due nuovi data center contribuiranno alla trasformazione digitale del Paese», per il sindaco di Ponte San Pietro Matteo Macoli «questo è uno storico, concreto e vero esempio di rigenerazione urbana: su un’area dismessa dove sorgeva Legler è nato e ora si amplia il data center campus più grande d’Italia nel segno della transizione digitale e dello sviluppo informatico, una realtà capace di generare reddito e posti di lavoro guardando al futuro, con importanti benefici anche in termini di opere pubbliche per la comunità». L’importanza di «conservare un equilibrio tra la valorizzazione dei territori e delle nostre tradizioni e l’apertura all’innovazione» è stata rimarcata dal presidente della Provincia Pasquale Gandolfi, mentre l’assessore regionale alle Infrastrutture Claudia Terzi ha definito il progetto di ampliamento del campus di Aruba «un fiore all’occhiello per Bergamo e tutta la Lombardia».

«Tutta la filiera deve contribuire a un processo di sostenibilità mai delegato alle singole realtà produttive. Nel nostro settore non si possono solo mettere a disposizione infrastrutture iper-efficienti da un punto di vista energetico senza preoccuparsi del come vengono progettate le soluzioni IT, di come dati e servizi vengono gestiti ed erogati»

Sostenibilità, parola chiave

Nel polo hi-tech di Ponte, sostenibilità è la parola chiave. «Non una moda, ma una necessità non più rimandabile - ha sottolineato Cecconi dal palco del nuovo Auditorium dopo l’esibizione potente del violinista elettrico Andrea Casta -. Tutta la filiera deve contribuire a un processo di sostenibilità mai delegato alle singole realtà produttive. Nel nostro settore non si possono solo mettere a disposizione infrastrutture iper-efficienti da un punto di vista energetico senza preoccuparsi del come vengono progettate le soluzioni IT, di come dati e servizi vengono gestiti ed erogati».

Sulla trasformazione digitale si sono confrontati in presenza e in collegamento da remoto, sollecitati dalla giornalista Tonia Cartolano, rappresentanti delle istituzioni e player del mondo hi-tech. Per il direttore generale dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale Roberto Baldoni due sono le direzioni: «Difenderci dagli attacchi, ma anche aumentare l’autonomia strategica del Paese. Senza dimenticare di sviluppare le competenze digitali». Tema evidenziato anche da Agostino Santoni, vicepresidente di Confindustria nazionale con delega al Digitale: «Bisogna formare il Paese: non solo i giovani, ma anche gli insegnanti delle scuole. Anzi, dovrebbe diventare obbligatorio l’ottenimento di crediti sul digitale per ogni corso di laurea».

Anche Pierre Chastanet, capo della Unit Cloud and Software DG Connect della Commissione europea, ha fatto presente «la necessità di un cambio di paradigma per entrare in una dimensione europea: federare le capacità europee di elaborazione dei dati. Gli obiettivi del decennio digitale che ci prefiggiamo prevedono di avere il 75% delle imprese europee nel cloud entro il 2030 e 10mila nodi edge in tutta Europa. I requisiti essenziali per il cloud europeo verteranno su elevata sicurezza, conformità alla protezione dei dati, facilità di cambiare fornitore ed elevati livelli di efficienza energetica».

Requisiti che in Aruba ha già apprezzato Euronext, il principale mercato finanziario d’Europa, quasi duemila titoli quotati per una capitalizzazione di 5,7 trilioni di euro, che in poco più di un anno ha completato la migrazione del proprio data center dal Regno Unito a Ponte San Pietro. «Oggi l’infrastruttura di Aruba gestisce la negoziazione dei mercati finanziari di 6 Paesi, mentre il settimo migrerà l’anno prossimo - ha ricordato Manuel Bento, chief operating officer Euronext -. I clienti ci hanno già seguito tutti qui conquistati dal livello tecnologico che siamo riusciti a raggiungere, con ricadute sui loro obiettivi sostenibili, dal momento che il campus di Aruba ha un Dna green».

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