Altra Italia, Berlusconi
ci riprova, ma è dura

Alla bella età di 82 anni, Silvio Berlusconi ci riprova. Il pezzo forte del suo repertorio politico è sempre stato la mossa del cavallo. Immancabilmente, quando nella sua ormai venticinquennale carriera politica si è ritrovato in un angolo, ha saputo puntualmente rientrare in gioco, e da protagonista. Lo ha fatto escogitando un’iniziativa abile e inattesa che mette in scacco avversari e competitori. Ne sa qualcosa Achille Occhetto, il capo di una celebrata «gioiosa macchina da guerra»: fu sbaragliato dal padrone di Fininvest. Correva l’anno 1994.

Ne fecero poi le spese anche i suoi alleati. Il centrista Pier Ferdinando Casini e l’ex missino Gianfranco Fini pagarono caro il loro tentativo di insidiarne la leadership. Per non dire dei tanti, veri o presunti, suoi delfini (l’ultimo in ordine di tempo Angelino Alfano), messi ai margini all’improvviso senza colpo ferire.

Svigorito da una lunga compromissione col potere e piegato da non poche traversie giudiziarie, il fondatore di Forza Italia ci riprova. Ha deciso di mettere in mora Forza Italia per lanciare Altra Italia, una sorta di federazione tra gruppi e associazioni che si riconoscano in una non meglio imprecisata area di centro. Ancora una volta, la strategia è la cosiddetta mossa del cavallo. Con una sostanziale differenza, però, e non di poco conto, rispetto al passato.

Finito ormai (è proprio il caso di dirlo) a mal partito, alla testa di una formazione svigorita (avvalorata al 6% circa, un quarto dei suoi massimi), sfilacciata (con un insediamento territoriale quasi nullo), sull’orlo - o meglio - già in preda ad una crisi di nervi, paralizzata dal parapiglia esploso tra le seconde file in lotta tra loro per accaparrarsi quel che rimane del cospicuo patrimonio che fu, priva di un’idea forte da proporre agli italiani, ancorata a una leadership troppo ingombrante per essere sgomberata, ma al contempo troppo spossata per ardire a risorgere: in queste condizioni non sembra proprio in grado di riguadagnare il primato perso.

Il dato più allarmante della faccenda è che i tempi sono radicalmente cambiati rispetto anche a pochi anni fa. Mala tempora currunt per i moderati di tutta Europa, e ancor più per quelli italiani. Spira una brutta aria per loro. Il centro politico s’è squagliato. Il ceto medio, storica base sociale dei moderati, tra paura del presente e ansia per il futuro, s’è disperso. Cosa può sperare di ottenere Altra Italia, vista la debolezza strutturale dei suoi proponenti? Le alternative si riducono sostanzialmente a due: la resa o la sfida in campo aperto. Non c’è spazio per le mezze misure.

La federazione proposta da Berlusconi può cercare di costituire la massa critica sufficiente per trattare un’alleanza con Salvini non con le mani dietro la schiena. Può diversamente lanciare la sfida temeraria di un’alternativa ai populismi di destra e di sinistra. Deve sapere, però, che questa è una strada tutta in salita e che forse, di questi tempi, è anche una strada chiusa.

C’è un’unica speranza di successo. I nostri sono tempi duri per i moderati ma sono anche tempi favorevoli a chi scommette sulla mobilità dell’elettorato. I sondaggisti dicono che ben un terzo circa degli italiani non sono soddisfatti dalle proposte politiche in campo e ne cercano di nuove. Un terreno fertile da coltivare. Basta saperlo fare.

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