I tanti panni
del Capitano
Lega che cambia

Matteo Salvini ha indubbiamente doti da grande comunicatore. Diretto, senza filtri, twitta, posta e dice la sua su tutto. O meglio, su tutto quello che gli interessa dire. Perché va detto che è altrettanto abile a fare slalom quando le questioni le vuole evitare. In questo lo aiuta la notevole capacità di indossare e svestire, alla bisogna, i panni del ministro, del vicepremier e del segretario politico, rovesciando un’immagine che invece lo fa forte proprio perché capace di giocare su più piani.

Lunedì nella sua mattinata bergamasca il «capitano» ha indossato la veste ministeriale: nessuna dichiarazione di natura politica, né tanto meno commenti o valutazioni sulle imminenti amministrative. Tutto rinviato al Consiglio federale di qualche ora dopo dove, giocando in casa, ha dato le indicazioni del caso.

In Prefettura si è limitato esclusivamente a dichiarazioni misurate (quasi al millimetro, quasi...) sul burrascoso dopopartita di Fiorentina-Atalanta. In sostanza non si è sbilanciato in attesa di una ricostruzione precisa dei fatti che, a distanza di una decina di giorni, poteva magari essere già sulla sua scrivania del Viminale se davvero ritenuta urgente. Ma del resto la materia è delicata e Salvini si ritrova, come dire, a camminare sulle uova: dimostrando una certa qual maestria, va detto. Via i toni da balaustra e spazio ad un politichese magari non raffinato ma comunque efficace.

Istituzionale, insomma, al punto da condividere sul piano politico l’abbattimento delle torri di Zingonia, arrivato dopo un percorso decennale: ma Salvini sa benissimo che la sua presenza, anche fisica, sul tema ne fa automaticamente un cavallo di battaglia delle politiche leghiste, all’insegna di quel law and order che ha nella legittima difesa uno dei più recenti capisaldi. E nel potenziamento annunciato delle forze dell’ordine la ciliegina sulla torta. Chapeau.

Non mette la bandierina del Carroccio, ma è come se lo facesse, pur indossando le vesti ministeriali. O meglio, un anonimo maglioncino bordeaux: la felpa era forse poco consona al clima comunque ufficiale e l’abito l’aveva già indossato sabato alla sua festa di compleanno, in mezzo a pezzi della Milano bene, in un contesto che ha dimostrato per l’ennesima volta le sue capacità quasi camaleontiche. E una certa tendenza tutta italiana di correre in soccorso del vincitore, come diceva Ennio Flaiano.

Ma al di là dell’appuntamento di poche ore dopo al Federale e ai conseguenti sviluppi, ha lasciato perplessi il silenzio sulle questioni locali: già evidente in queste settimane, passate senza che venisse affrontato e risolto il nodo del candidato del centrodestra. Con fior di dubbi all’interno della coalizione e della Lega stessa, preoccupata di una corsa che potrebbe già diventare rincorsa. O forse no.

In realtà la trasformazione in partito sovranista e nazionalista che sta mietendo successi ovunque ha messo Bergamo in una prospettiva molto più ampia e relativa allo stesso tempo: se prima era un simbolo per il Carroccio, ora pare essere diventata una delle tante dove mettere la bandierina. Magari con più soddisfazione che altrove, ma senza particolari patemi d’animo, forte di un consenso che segue comunque il leader e di riflesso il suo candidato. In più in questa tornata ci sono le Europee, con un possibile effetto trascinamento che pare rendere ancora più tranquillo Salvini. Che a breve chiuderà la pratica dei candidati avviandosi probabilmente a fare il pieno in buona parte del Paese e cambiando un’altra volta la pelle alla Lega. Con il solo dubbio che in parallelo stia davvero crescendo una nuova classe dirigente, a livello locale e non. Ma probabilmente ora come ora Salvini preferirebbe non rispondere, indossando e svestendo uno dei suoi tanti panni.

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