Il cibo business
Più denutriti

Nell’ultimo anno sono aumentate e la rotta della vergogna si è di nuovo invertita. Le persone denutrite sono arrivate a quota 820 milioni con un salto di 25 milioni rispetto al 2017. Sembrava qualche anno fa che si potesse accorciare la lista. Ma non è andata così. Il numero di chi soffre la fame è schizzato verso una vetta mai raggiunta. Perché il cibo si spreca e perché il cibo è diventata la merce più globalizzata. Si chiama agro-business e spesso ha poco a che fare con la nutrizione e molto con l’uso sconsiderato delle risorse a favore di un fetta sempre più piccola della popolazione.

I numeri aiutano a capire. Negli ultimi 40 anni il 27 per cento della crescita dell’economia cioè i beni prodotti e scambiati sono andati a beneficio dell’ 1 per cento della popolazione mondiale. I ricchi più ricchi sono diventati ancora più ricchi, senza averne bisogno. Il resto se lo sono diviso gli altri. Ma resiste una fetta di poverissimi che non ha beneficiato di nulla. Anzi questa fetta aumenta. I dati sulla denutrizione sono l’effetto più evidente.

Le politiche finanziarie ed energetiche, che gonfiano il portafoglio dei ricchi più ricchi, si giocano ormai attorno alla terra. Il mondo «consuma» sempre più terra, nel senso che i campi destinati alle colture intensive con largo uso di pesticidi diventano aridi e non servono più. In questi giorni, per via del Sinodo sull’Amazzonia voluto da Papa Francesco, in tutte le televisioni del mondo lo hanno mostrato e spiegato. Ieri il Papa nel messaggio al direttore della Fao in occasione della Giornata dell’Onu sull’alimentazione ha chiesto «perdono» alla terra per la «nostra avidità».

Le distorsioni e i paradossi sono enormi. Nel mondo ci sono 800 milioni di denutriti e 700 milioni di obesi, cioè di malnutriti. Il dramma è che la malora della globalizzazione del cibo ha colpito tutti e così contiamo obesi in Africa, in un intreccio drammatico di denutrizione e malnutrizione che porta alla morte rapidamente in Paesi dove manca un sistema sanitario per affrontare diabete e arginare le malattie cardiovascolari. Si chiama «squilibrio per eccesso», cioè un eccesso che si innesta su mali già ampiamente diffusi. La globalizzazione del fast food è una maledizione, che aumenta le diseguaglianze e le statistiche dei morti. Il sistema ha deciso che non vale la pena di proteggere le filiere corte e i contadini. E non si dica che è la mano invisibile del mercato, perché quella mano ha nomi e cognomi e asset ben custoditi. Ha ragione il Papa quando scrive al direttore della Fao che un alimentazione sana è il primo passo verso un mondo a fame zero. Dipende da ognuno di noi. Essere consapevoli di cosa si mangia, avere rispetto per il cibo, non lasciare nulla nel piatto fa la differenza. Un esempio? Ogni giorno 4 mila bambini muoiono perché non hanno accesso all’acqua pulita. Però per produrre un chilo di carne di manzo alla base dell’alimentazione veloce e squilibrata occorrono ben 15 mila litri di acqua. Il cibo è veleno per tutti.

Poi c’è quell’un terzo del mercato dei cereali che viene impiegato per produrre biocarburanti. Da gennaio la domanda di biocarburanti salirà a livello globale a 172 miliardi di litri, equivalenti a 40 milioni di ettari di terreno destinati a svanire. Tra le conseguenze c’è quella delle migrazione dei contadini verso le città, che sono diventate ormai un concentrato di disastri ambientali e sociali. Le città occupano il 3 per cento del pianeta, ma in esse si consuma l’80 per cento di cibo, l’80 per cento dell’energia e si produce il 60 per cento dell’inquinamento. Il ruolo dei sindaci e di tutti noi è strategico e decisivo. Ogni anno buttiamo un miliardo e 300 milioni di tonnellate di cibo, cioè quattro volte quello che servirebbe per far uscire dalla denutrizione 800 milioni di persone. Sprecare equivale a rapinare, lo spreco è un furto. La situazione generale è molto più che drammatica e non troverà soluzione se non cambieranno comportamenti a partire dal basso. Anche per quanto riguarda gli investimenti nei portafogli delle famiglie. Basta chiedere alla banche di spacchettarli e scegliere i fondi alieni all’agro-business e naturalmente alle armi. Perché il cibo uccide, come i cannoni, in perfetta coerenza con il sistema economico globale costruito e garantito sulle diseguaglianze.

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