L’Occidente fa l’opposto
di quello che dice

Nel 2050 Ursula von der Leyen, ora a capo della Commissione Ue, avrà 92 anni, il suo vicepresidente Frans Timmermann 89, il capo della diplomazia Josep Borrell, 103. Nel frattempo i ghiacci della Groenlandia si saranno sciolti e mentre Greta Thunberg, personaggio dell’anno, va in prima pagina sulla rivista americana Time, gli abitanti dell’isola già pensano a spartirsi le spoglie del caro estinto ricco di minerali pregiati. Cop 25 di Madrid, vertice Onu per la lotta al mutamento climatico, non ha trovato un accordo.

Accettare vincoli alle emissioni di carbonio vuol dire riconvertire l’economia. Chi paga? La stessa domanda che si pone la Polonia. L’energia elettrica prodotta al di là dell’Oder viene per il 77% dal carbone, ma poi arriva il green deal di Ursula e di colpo Varsavia si ritrova dietro la lavagna. Al primo Consiglio europeo presieduto dal belga Michel la Polonia ha detto no. Morale, o l’Unione europea paga o Varsavia boicotta. Per i Paesi dell’Est vale quello che Henry Kissinger, segretario di Stato dell’amministrazione Nixon negli anni ’70, diceva degli Usa: non esistono amici o nemici, solo interessi.

In altri Paesi si è più sottili... In Germania, dove i Verdi sono andati oltre il 20% dei voti, il numero dei Suv è passato da 296.714 veicoli nel 2004 a 692.425 nel 2019. Tendenza in crescita, e tutti diesel. Eppure non c’è un cittadino tedesco che dia torto a Greta.

Nei cieli, solo nell’ultimo anno, il numero dei voli in giro per il pianeta è aumentato di un milione. Siamo passati in quindici anni da 24 milioni del 2004 a 39 milioni nel 2019. Una crescita vertiginosa a suon di kerosene. Il numero delle compagnie aeree è aumentato del 4,6%. Gabor Steingart di Morning Briefing dixit. Le piazze inneggiano alla novella Giovanna d’Arco del clima, mentre il mondo gira su stesso seduto su un Suv o su un aereo.

La Germania si considera, tra i Paesi industrializzati, il più attento al cambiamento climatico ma poi i suoi cittadini intervistati, vedi dati Statista, ammettono candidamente che la loro prima preoccupazione è la povertà e l’ingiustizia sociale, seguono l’emigrazione, la criminalità e poi arriva il mutamento climatico. Forse non tutti sanno che il costo dell’energia elettrica in Germania è tra i più cari al mondo e nel frattempo vengono smobilitate le centrali atomiche e quelle a carbone. L’industria tedesca si chiede: le rinnovabili basteranno? Il governo tace.

Ed è a questo punto che si inserisce il partito dell’atomo. Emmanuel Macron è per la svolta ambientale, ma poi quando i cechi dicono che il nucleare è pulito ecco che i francesi sentono il vento soffiare nelle loro vele. Il 72% della produzione di energia elettrica nella «grande nation» viene dall’atomo, quello che a Fukushima lasciò il segno e indusse Angela Merkel ad uscire dal club. Ma per loro è una chance: possono esportare tecnologia nucleare e in caso di bisogno vendere il sovrappiù energetico alla vicina Germania qualora non gliela facesse a portare a termine il passaggio alle fonti rinnovabili.

Il problema è sempre lo stesso: si piangono i morti degli tsunami, le carestie causate dalla desertificazione, la riduzione dei ghiacciai ma guai a chi mi tocca. Per esempio una delle cause della deforestazione dell’Amazzonia è l’allevamento. Tutti condannano il Brasile di Bolsonaro, anche a ragione, poi si guardano i dati del consumo di carne e si scopre che in Europa sono cresciuti da 64,9 kg a persona a 65,3 kg. nel solo anno dal 2018 al 2019. Solo nove anni fa nel 2010 era a 63,4 kg. I Paesi occidentali prima di pretendere da altri devono dare. Ed è un problema perché consumano in contraddizione con quel che pensano. Una sindrome da dipendenza che produce squilibri nel mondo.

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