Lombardia cambia Aria
Ma ora serve una svolta

Non ce ne voglia il presidente Attilio Fontana ma sulla gestione della campagna vaccinale l’immagine della Lombardia purtroppo resta distorta (per usare le sue parole) e a tratti imbarazzante. La levata di scudi contro Aria, l’Agenzia regionale innovazione e acquisti, una sorta di Leviatano fuori controllo, non cancella una serie di figuracce. Tra le altre cose il Cda della società sarebbe comunque andato in scadenza tra poche settimane con l’approvazione del bilancio 2020, quindi il suo azzeramento non è tutta ’sta gran cosa. Fontana si è premurato di sottolineare come «le vaccinazioni fatte siano in linea con ciò che accade nel resto del Paese». Si potrebbe obiettare che questa parte del Paese è stata colpita ben più duramente che altre, ma è pur vero che la ripartizione dei vaccini è fatta su base nazionale. Con il governo Conte (che i suoi bei pasticci li ha fatti) la Lombardia ha sempre sparato alzo zero, con quello Draghi che vede il centrodestra in squadra i toni si sono ovviamente ammorbiditi, e il governatore si è limitato ad un sibillino «a fine mese le scorte a disposizione saranno esaurite» come a voler mettere le mani avanti. Giustamente.

Chiaro che l’arrivo dei vaccini rappresenta una grossa ipoteca sul futuro della campagna, ma per il momento c’è in discussione quanto fatto finora in Lombardia, o meglio come è stato fatto. Ben prima dei pasticci nel comasco e nel cremonese ne abbiamo documentato una serie quasi infinita nella Bergamasca. Dai centri vaccinali vuoti perché gli sms di convocazione non erano partiti a quelli in overbooking perché ne erano partiti troppi. In mezzo, una vasta gamma di assurdità: over 80 spediti a 50 chilometri con magari un centro vaccinale dietro l’angolo, gente che ha dovuto salire e scendere per due valli, qualcuno finito fuori anche provincia, per non parlare degli insegnanti che venerdì, alla ripresa di AstraZeneca, non hanno ricevuto un sms e nemmeno un cenno di conferma sul fascicolo elettronico.

Ecco, questi sono errori (reiterati) di natura tecnica e colpisce che il colpo di spugna della Regione riguardi solo i vertici politico amministrativi di Aria. Possibile che non abbiano esercitato appieno la propria funzione di indirizzo e gestione, decisamente più difficile che abbiano detto la loro sul software di una piattaforma costata una ventina di milioni, mica patatine. Comunque ora arrivano i nostri, cioè Poste italiane che promette prenotazione anche dal postino. Quello che un tempo suonava sempre due volte, ora spesso manco una.

Ma tant’è, serviva un segnale e il segnale è arrivato. Che poi sia soprattutto politico è evidente. Come il fatto che ai piani alti (e non solo) di Palazzo Lombardia e di certi assessorati, Welfare e Sanità in primis, siamo a un «tutti contro tutti» che si trascina da mo’. Lo confermano i vari pasticci sui dati e i vaccinabili, i tre direttori generali e i due assessori che si sono succeduti nel giro di pochi mesi nel bel mezzo di una pandemia che ha evidenziato anche i limiti del sistema.

Indubbio poi che dopo l’arrivo di Letizia Moratti il clima politico si sia surriscaldato, anche se per ora non si nota una gran discontinuità rispetto al predecessore Gallera. A meno che non la si debba cogliere negli attacchi a colpi di tweet a una società della Regione in un curioso corto circuito. Ma se l’obiettivo resta vaccinare tutti i lombardi (e deve esserlo) ora serve davvero un cambio di passo nella direzione di quella «nuova normalità» che Fontana ha sempre indicato come traguardo e che ci serve come il pane. Senza però riempirsi la bocca a ogni pie’ sospinto di concetti come l’eccellenza che, se non seguiti dai fatti, restano solo Aria (consentiteci il maiuscolo) fritta. E magari lasciando beghe politiche e pretese egemoniche fuori dalla porta, almeno fino all’ultimo vaccino.

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