Negazionismo
e ceti in crisi

La relativizzazione del Covid 19 non ha fondamenti scientifici e tuttavia fa più notizia della richiesta di tamponi. La bravata di chi ostenta il rifiuto della mascherina e si appella al diritto di poter contagiare ed essere contagiato liberamente ha un seguito mediatico inaspettato. In Italia la dimensione dei personaggi riporta alla sceneggiata ma all’estero è la serietà del problema che emerge. Domenica scorsa a Berlino dimostranti hanno assaltato la sede del Bundestag, Parlamento tedesco, all’insegna della bandiera nera-bianca e rossa del Reich guglielmino. Un gruppo di nostalgici che i tre malcapitati poliziotti di guardia hanno faticato a contenere. Un atto proditorio di pochi al quale hanno assistito in molti. Alle due manifestazioni negazioniste nella capitale tedesca la polizia calcola abbiano preso parte almeno 38 mila persone. Non erano nazisti e nemmeno esagitati rivoluzionari e cionondimeno restii a prendere le distanze dagli xenofobi, dagli antisemiti presenti.

Un popolo di negazionisti per necessità che si vota all’estremismo antiscientifico per difendere il proprio negozio, la propria attività di libero esercente , di piccolo imprenditore della ristorazione . I fatturati calano e mancano i soldi per pagare l’affitto, per il magazzino, per il grossista che fornisce le merci e tutto questo mentre il governo sovvenziona i grandi gruppi industriali con 24,2 miliardi euro.

In Germania possono essere risarciti solo i costi che gravano sulle aziende per effetto del mancato lavoro. Un evidente vantaggio per le multinazionali con molti dipendenti ma un ostacolo per chi è da solo ed ha costi di sopravvivenza. Per questi si aprono solo le porte dell’assistenza sociale di Hartz IV. Un ceto si sente umiliato, voleva una professione indipendente ed ora ha bisogno dell’elemosina di Stato. Questo popolo non vuole essere governato dai virologi ma da politici che colgono il senso del loro malessere e lo rappresentino. La politica vede i grandi interessi. I piccoli si perdono in tante storie personali che i partiti faticano a seguire. È il disorientamento di ceti produttivi che ha anche qualcosa di esistenziale. I valori fondanti della loro vita sembrano compromessi da fattori esterni che prima non c’erano quali appunto la pandemia e l’emigrazione. La rimozione è la risposta. Voler riprodurre gli equilibri sociali preesistenti porta a rimpiangere il passato e a relativizzare il presente. La scienza non è più tale agli occhi negazionisti se impedisce di portare avanti il proprio negozio, ristorante, sala mensa ecc. Il nazionalismo, il razzismo si stingono nella loro inaccettabilità storico-morale se aiutano a non far dimenticare alla classe politica la propria storia personale.

Tutto questo in un contesto culturale che vede nell’articolo 1 della Costituzione tedesca l’affermazione inequivocabile dell’inviolabilità della dignità umana. Col che si intende nei Paesi germanici il diritto a disporre della propria vita. La recente interpretazione del presidente del Bundestag Wolfgang Schäuble, già noto al pubblico italiano come il falco dell’austerità, va in questa direzione. È diritto dell’individuo ad affermare la propria libertà nel modo che ritiene più consono. Importante è che il bene della collettività, cioè l’ economia, venga tutelato. Il Paese non si può chiudere e la vita dei cittadini non può essere arrestata. Sopravviveranno i più forti e fortunati e, una volta tutelate le fasce deboli, ognuno andrà incontro al suo destino. Che è poi la filosofia che ispira il comportamento della Svezia. Si fa il possibile per contenere e gestire la diffusione del virus ma bloccare l’economia sarebbe un doppio danno che andrebbe ad aggiungersi alla perdita di vite umane. Lo stesso fenomeno si osserva in Gran Bretagna e nell’America di Trump. La reazione negazionista al Covid 19 si nutre delle mancate risposte ai problemi dei non garantiti, quelli che non hanno uno stipendio fisso, che non possono lavorare in smart working, dei precari, di quelli che l’e-commerce di Amazon porta alla rovina. Qui si gioca la sostenibilità delle società occidentali.

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