Ora stabilità
per crescere

Col referendum del 20 settembre scorso che ha approvato la riduzione del numero dei parlamentari, sia i sostenitori del «sì» che quelli del «no» hanno manifestato chiaro interesse per la realizzazione di un’organica azione riformatrice. I primi, peraltro, hanno rappresentato in più occasioni l’opportunità di procedere punto per punto per rendere più chiaro e condiviso un progressivo intervento riformatore della seconda parte della Costituzione. Questa, del resto, è stata la modalità scelta per la riforma del 2001, che trasferiva maggiori compiti alle Regioni e per quella del 20 settembre scorso. Riflettendo tuttavia sul tempo richiesto da questo modo di procedere e tenuto conto delle urgenti esigenze di rinnovamento del Paese, molti si chiedono se non sia più opportuno procedere con un intervento organico che preveda già dal prossimo anno un nuovo assetto istituzionale di tipo federale.

In questa prospettiva si muovono da tempo le Regioni del Nord, ma i contrastanti interessi territoriali del nostro Paese, che viaggia sempre più a due velocità, hanno reso difficile fino ad oggi pervenire ad una visione comune. Il problema dovrebbe essere affrontato attraverso un impegno riformatore di tutte le parti politiche e in questa direzione si è già mosso il Pd annunciando, in questi giorni, una propria riforma costituzionale. Ora ha tutta la convenienza ad assumere una iniziativa anche Salvini, che dopo aver portato la Lega ad essere il primo partito in Italia con oltre il 30% dei consensi, si trova oggi in evidente confusione prospettica.

Salvini, per ottenere l’eccezionale ascesa della Lega, ha di fatto cambiato la sua ragione genetica e sociale, oltre che politica e ideologica, sposando il «sovranismo» e cercando larghe adesioni al Sud, forte di un’indiscutibile capacità di arringare le piazze. La sua scommessa politica appariva ai più, fin dall’inizio, doppiamente ardita perché sottovalutava da un lato la storica avversione di larga parte del Sud verso i cosiddetti «predatori del Nord», dall’altro sfidava l’incredulità, la contrarietà, in ogni caso la perplessità dello zoccolo duro dei separatisti della vecchia Lega verso un impegno politico nel Meridione. Sta di fatto che, dopo l’autolesionista uscita dal governo, la scelta politica di Salvini è entrata in crisi di consensi ed è oggi ancor più messa in discussione dall’esito più opaco del previsto delle elezioni regionali. Del resto, gran parte del popolo della Lega si è sempre mostrato molto scettico verso la scelta sovranista e per questo guarda oggi con crescente fiducia al presidente del Veneto Luca Zaia, convinto federalista ed europeista, recentemente confermato con percentuali plebiscitarie.

Messo alle strette da più parti - consolidamento post referendario ed elettorale del governo, crescita della popolarità di Zaia nella Lega, persistente erosione dei voti della Lega da parte dell’alleata Giorgia Meloni - Salvini avrebbe ancora il vantaggio di poter offrire alle altre forze politiche uno schema iniziale di discussione rappresentato dal progetto federalista, a suo tempo elaborato dal compianto ideologo Gianfranco Miglio.

Peraltro, proprio a quel progetto hanno in gran parte attinto sia la riforma costituzionale di Berlusconi del 2006, sia quella di Renzi del 2016 entrambe bocciate dagli elettori. Miglio, tra l’altro, prevedeva: la fine del bicameralismo perfetto, con l’istituzione del Senato delle Regioni; il federalismo fiscale, con la destinazione dei tributi laddove la ricchezza fosse stata effettivamente prodotta, ma tenendo conto di una quota destinata a finalità di redistribuzione territoriale; l’elezione del presidente federale direttamente dal popolo per esaltare l’unità del Paese.

In presenza della gravissima crisi economica causata dal Coronavirus, l’Europa ha fatto un grande passo avanti destinando notevoli risorse al nostro Paese che sono giustamente condizionate alla realizzazione di una concreta e incisiva azione riformatrice. Sta ora all’intera classe politica assumere un impegno urgente in questa direzione, allo scopo di realizzare un più celere ed efficace funzionamento dell’apparato pubblico e creare le condizioni per avviare finalmente il Paese su un solido sentiero di crescita e di credibilità.

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