Pandemia,
c’è ancora
molto da fare

Sono passati ormai due anni da quando è stata percepita dall’opinione pubblica l’esistenza di un virus, Sars-Cov-2, proveniente dalla Cina che attraverso una infezione per le vie aeree determinava in una piccola percentuale di casi una grave malattia, prevalentemente polmonare che poteva portare alla morte. Bergamo ne ha pagato tragicamente le conseguenze che potevano essere evitate se si fossero deliberati interventi tempestivi. Le bare sugli autocarri dell’esercito sono una visione che ha girato il mondo e che non sarà mai dimenticata.

Finalmente si è realizzato il cosiddetto lockdown che ha visto la maggior parte degli italiani incredibilmente cooperativi ed obbedienti. Nonostante ciò abbiamo avuto una notevole difficoltà per la carenza di strutture e di personale che ha determinato due conseguenze: la mancanza di cure per gli ammalati di Covid-19 e la impossibilità di curare in modo adeguato tutti gli ammalati di gravi malattie che richiedevano ad esempio interventi chirurgici salvavita. Un’adeguata analisi dei danni indotti da questa situazione dovrebbe essere condotta con mezzi adeguati.

Un altro errore commesso in questa prima fase è stata la convinzione che il peggio fosse ormai passato, il che ha determinato «aperture» precoci che hanno indotto complicazioni anche grazie al fatto che questo virus, come tanti altri, cambia le sue caratteristiche per adattarsi meglio alle cellule animali o umane entro cui si deve collocare per riprodursi e sopravvivere. Intanto, molti scienziati erano al lavoro in tutto il mondo e pur essendo circondati da un moderato scetticismo, sono riusciti a mettere a punto ben quattro vaccini entro la fine del 2020. Tanto è vero che con l’inizio di dicembre in Inghilterra si è cominciato a vaccinare. Bisogna sottolineare che le multinazionali hanno sviluppato vaccini grazie ad almeno quattro fattori favorevoli: anzitutto la ricerca di base che aveva già sviluppato tecnologie per utilizzare il Rna. Senza queste scoperte condotte in oltre vent’anni di lavoro non sarebbe stato possibile sviluppare questi vaccini. In secondo luogo la grande disponibilità di danaro pubblico che ha permesso non solo di pagare le spese di ricerca, ma anche di iniziare la produzione fin che veniva realizzata la ricerca. Le autorità regolatorie hanno pure collaborato valutando in itinere la qualità della ricerca per cui dopo gli ultimi studi l’approvazione dei vaccini ha richiesto pochissimo tempo. Infine, non bisogna dimenticare la generosità delle persone che in circa centomila si sono prestate gratuitamente alla sperimentazione.

Da noi sono iniziati i problemi, anche in rapporto con l’inefficienza europea, perché nonostante molte sollecitazioni abbiamo prenotato con ritardo e con contratti ricattatori i vaccini. Così sono mancati inizialmente i vaccini con la conseguenza di qualche decina di migliaia di morti che potevano essere evitati. Per fortuna in aprile la chiamata in causa dell’esercito ha finalmente permesso di organizzare in modo rapido ed efficiente le vaccinazioni ottenendone i relativi vantaggi. Tuttavia non si può ignorare che una comunicazione confusa e contraddittoria ha suscitato molti dubbi e sfiducia in una parte della popolazione. Sono stati numerosi gli annunci,ma sono mancate le spiegazioni. Di fronte ad un virus poco conosciuto si possono cambiare legittimamente i pareri anche a distanza di pochi giorni, ma bisogna dare adeguate spiegazioni senza stancarsi di ripeterle. Era necessario, a mio parere, avere un referente che rappresentasse le decisioni del Governo in modo credibile ed autorevole con l’aiuto di esperti ricercatori, sociologi e comunicatori. Purtroppo non abbiamo imparato la lezione e ancora oggi i numeri riguardanti i tamponi, i contagiati, i ricoverati ospedalieri e i decessi non vengono spiegati adeguatamente.

Con l’avvento del Green pass nelle sue varie conformazioni è mancato ad un certo punto il coraggio di togliere il tampone che rappresenta una fotografia e lasciare invece solo il vaccino e la infezione che rappresentano una protezione. In situazioni di pandemia non si può troppo attendere, la vaccinazione deve divenire obbligatoria perché la sacrosanta libertà dei singoli termina quando lede la salute degli altri. È chiaro che i no vax ideologici non sono convincibili mentre chi nutre dubbi può ricevere informazioni e chi ha paura può essere rassicurato. Non è facile, ma non ci si deve stancare di operare attraverso tutti i mezzi disponibili.

Un fattore che complica la situazione è la presenza di varianti, cioè di mutazioni che cambiano la contagiosità e l’aggressività del virus. L’ultimo arrivato è Omicron che sta vincendo la competizione con la variante Delta ancora presente in Italia, mentre si sta affacciando nel Sud della Francia una nuova variante proveniente dal Cameroun. Omicron è più contagioso e ciò giustifica il forte aumento del numero di contagiati di queste ultime settimane. Sembra tuttavia, sulla base di dati ancora preliminari che Omicron sia meno aggressivo e ancora relativamente sensibile per chi ha fatto la terza vaccinazione, meglio denominata vaccinazione di richiamo. Non bisogna però dimenticare che se si contagiano molte persone, l’aggressività può essere percentualmente bassa ma in termini assoluti più alta rispetto ad una variante poco contagiosa ma percentualmente molto aggressiva. Inoltre, una contagiosità che coinvolga molte persone può paralizzare una città o una regione, riproducendo una situazione di intasamento ospedaliero e di danno per ammalati di altre gravi malattie che non trovano possibilità di cura. Purtroppo considerando la situazione attuale, pur essendo meglio di altri Paesi europei, in Italia siamo ancora lontani dalla cosiddetta immunità «di gregge» perché oltre ai 4 milioni di non vaccinati abbiamo ancora molti milioni di giovani senza la prima somministrazione e circa il 10 per cento dei vaccinati che ha una scarsa risposta immunitaria. Il virus può quindi ancora circolare da noi su circa una dozzina di milioni di persone non vaccinate, il che spiega i ricoveri in terapia intensiva in cui sono largamente prevalenti i non vaccinati, dimostrando se c’è ne fosse bisogno il favorevole rapporto benefici- rischi della vaccinazione. C’è ancora molto da fare . Dovrebbe essere estesa l’obbligatorietà a tutti i livelli tenendo conto della gradualità e delle priorità visto che le possibilità di vaccinazioni al giorno sono elevate, ma non infinite.

È fondamentale vaccinare tutto il mondo se vogliamo risolvere la pandemia perché dai Paesi dell’Africa, dell’India e del Sud America potrebbero arrivare varianti insensibili ai nostri vaccini. Sarebbe un disastro perché dovremmo ricominciare tutto da capo. Vaccinare i Paesi a basso reddito non è una forma di beneficenza,ma un atto di sano egoismo perché non ci salveremo da soli come spesso ammonisce Papa Francesco. Occorre passare dalle parole ai fatti producendo a livello italiano ed europeo i vaccini anche, se necessario, imponendo licenze obbligatorie. La produzione ci renderà liberi dal monopolio delle multinazionali. Infine non ripeteremo a sufficienza la necessità di usare le mascherine anche all’aperto evitando assembramenti e mantenendo buone regole igieniche. Non siamo ancora alla fine del tunnel.

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