Resta un valore
incalcolabile

In fondo cos’era? Qualche grammo d’oro fuso in una coppa alta all’incirca 70 centimetri. Sessant’anni fa valeva due milioni e mezzo di lire, oggi poco più di 32 mila euro, ma niente a che vedere con il grandissimo valore dimostrato sul campo da tutta l’Atalanta, e non soltanto ieri sera all’Olimpico, da cui è uscita a testa alta, senza nulla da rimproverarsi. Ma il valore da sottolineare - incalcolabile - è quello dell’entusiasmo che i neroazzurri sono riusciti a scatenare in una comunità intera, e per questo si meritano un «GRAZIE» tutto maiuscolo, a prescindere da come sia finita in campo. La magia che l’Atalanta è riuscita a creare attorno a sé, l’attenzione che ha catalizzato attorno alla strabiliante «cavalcata» di cui i nerazzurri sono stati protagonisti per tutta la stagione, l’aver fatto comunità, resta – e deve restare per tutti noi – uno straordinario successo di cui andare fieri. Non sarà certo la sconfitta di Roma, seppure in palio ci fosse la Coppa Italia, a gettare un’ombra su una stagione sofferta sì, ma prodiga di risultati «pazzeschi», dal 4 a 1 casalingo contro l’Inter al 2 a 1 contro il Napoli al «San Paolo», per non parlare del 3 a 0 rifilato alla Juve proprio nei quarti della Coppa Italia.

Una stagione comunque trionfale, dietro la quale non c’è soltanto la tattica e la capacità di gioco, il sudore e la fatica spesa sul campo, ma la forza e l’intelligenza di un gruppo che ha saputo trasformare una società di famiglia - quella dei Percassi - in una società «per famiglie» – quelle dei bergamaschi -, non solo rinsaldando l’antico legame che unisce l’Atalanta al cuore della città, ma accendendo il fuoco della passione anche in chi al «fubal» guardava con un certo distacco. Da giorni, a Bergamo come in tutta la Bergamasca, non si parlava che di Atalanta: al bar, al supermercato, persino dal medico o in farmacia. Una febbre collettiva che ha contagiato migliaia e migliaia di persone, facendo riscoprire la bellezza e il senso vero del tifo, inteso come passione entusiastica nei confronti di una squadra che incarna valori condivisi.

E i bergamaschi e l’Atalanta di valori condivisi ne hanno molti, a cominciare dall’umiltà e dalla tenacia, le due caratteristiche che hanno permesso a Bergamo di farsi strada nel mondo – con punte di eccellenza di assoluta rilevanza internazionale – e all’Atalanta di provare a riconquistare dopo 56 anni, per la seconda volta in 112 anni di storia, la Coppa Italia. Umiltà e tenacia ma anche schiena dritta e sguardo fiero, altri due atteggiamenti che hanno sempre consentito alla comunità bergamasca di non piegarsi mai a logiche o a derive populiste e, nel caso dei nerazzurri, di potersi persino spingere a sognare l’accesso alla Champions, mai come oggi a portata di mano grazie a un gioco non solo concreto ma anche divertente.

Al netto degli eccessi che situazioni come quella che la città sta vivendo portano inesorabilmente con sé, l’entusiasmo collettivo di questi giorni attorno ai nerazzurri per aver raggiunto la finale della Tim Cup non è certo fuori luogo. Il modo in cui alla finale romana si è arrivati, e lo spessore delle rivali di cui l’Atalanta si è fin qui sbarazzata (in campionato e in Coppa) giustificano ampiamente l’euforia popolare, come quella che il tifo bergamasco ha saputo mettere in scena per ben due volte in brevissimo tempo all’aeroporto di Orio, dove la squadra è stata accolta trionfalmente di ritorno da Napoli prima e da Roma poi.

Facciamo nostro il «grazie per quello che avete offerto fin qui» rivolto l’altro giorno ai giocatori dal Capo dello Stato, Sergio Mattarella, durante l’incontro al Quirinale. Un grazie non solo dovuto per il prestigio che la finale di Coppa ha irradiato immancabilmente sulla città e sui tifosi, ma anche intensamente voluto, per come si è giunti a giocarsi il trofeo, al termine di un percorso «pulito», sul campo e sugli spalti, all’insegna della lealtà e della correttezza. E per restare tra i temi toccati dal Presidente della Repubblica, è giusto ringraziare Antonio Percassi anche per l’impegno, la passione e gli investimenti che dedica al settore giovanile, non solo per garantire all’Atalanta un ricambio di talenti tenendo sott’occhio i conti, ma favorendo concretamente la crescita (e non solo sportiva) dei giovani calciatori. Certo, Percassi guarda anche agli interessi economici e ai diritti televisivi, ma una società come l’Atalanta non potrebbe fare diversamente per rimanere nel campionato più bello del mondo. Anche per questo l’Atalanta dovrà essere adeguatamente celebrata una volta tornata in patria. Un grandissimo «grazie» va infine agli oltre ventimila bergamaschi che, senza pensarci due volte, in un attimo si sono organizzati per «trasferirsi» a Roma e sostenere la squadra del cuore in un momento così delicato, in uno stadio tutt’altro che neutro. Al di là degli scontri che una parte di tifosi laziali ha avuto con le forze dell’ordine prima del fischio di inizio, quelli atalantini hanno accompagnato i nerazzurri con grande senso di civiltà, dimostrando che gli stadi possono essere luoghi in cui – per dirla ancora come Mattarella – «si possa andare con i bambini, con serenità, senza che vi siano né violenze fisiche né violenze verbali».

Ma fra tre giorni sarà ancora campionato e torna la caccia alla Champions e all’Europa League: contro la Juventus, al Juventus Stadium, ci sarà da soffrire ancora, e tanto, ma nulla è impossibile, soprattutto se l’impossibile è già stato raggiunto. L’Europa League è davvero a un passo, e certamente allargherà gli orizzonti europei dei bergamaschi. Speriamo non solo dentro un campo di calcio.

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