Russiagate, la difesa
di Conte al Copasir

Per Giuseppe Conte quello di ieri pomeriggio è stato un momento molto difficile: quando si è presentato di fronte al Copasir (il comitato parlamentare che vigila sui nostri servizi di sicurezza) per parlare del caso Russiagate-versante italiano, il presidente del Consiglio era consapevole della delicatezza del momento, delle possibili conseguenze istituzionali e internazionali delle sue parole, dei rischi che correva lui personalmente in termini di futuro politico. Perciò il presidente del Consiglio ha scelto di fare muro, di respingere qualunque sospetto sul suo comportamento e su quello dell’intelligence italiana, di ribattere insomma a tutti gli addebiti.

Dunque, ha detto di aver autorizzato i colloqui dei vertici dei servizi (due incontri nella sede del Dis, dipartimento sicurezza, il 15 agosto e il 27 settembre) con il ministro della Giustizia Usa Barr in quanto quest’ultimo è responsabile dell’Fbi anche all’estero, e per la ragione che l’Attorney General chiedeva lumi agli italiani sul comportamento degli agenti americani per la sua indagine sul Russiagate e sul presunto tentativo di danneggiare il candidato Trump nella corsa alla Casa Bianca del 2016 accusandolo di rapporti impropri con Putin.

Secondo, Conte ha negato di aver avuto alcun contatto con Barr e soprattutto che il famoso endorsement di Trump in piena crisi di governo (quando il presidente Usa si augurò che «Giuseppi» rimanesse a palazzo Chigi) fosse il «grazie» per la discussa collaborazione offerta a Barr. Questo per la ragione, ha spiegato, che gli incontri furono chiesti (per via diplomatica) già in giugno, a due mesi dalla caduta del governo italiano. Infine, Conte ha negato il coinvolgimento dei servizi italiani nel caso Russiagate e nelle opache attività a Roma di Joseph Milfsud, il docente maltese della Link University di Enzo Scotti, attualmente dato per disperso.

Poiché le sedute del Copasir sono coperte da segreto, non sappiamo se – come si diceva alla vigilia – i leghisti, e tra loro il presidente del comitato Volpi, abbiano provato a incastrare Conte. Sappiamo però che il premier, uscito dall’audizione, per prima cosa ha attaccato Salvini per i non chiariti rapporti con Mosca tornati d’attualità con l’inchiesta della trasmissione di Rai 3 «Report» sulle attività in Russia della Lega e del discusso Gianluca Savoini, protagonista della presunta trattativa petrolifera all’Hotel Metropol. «Doveva riferire tutto al Parlamento quando era ministro dell’Interno - ha detto Conte riferendosi a Salvini – e a tutt’oggi deve ancora chiarire i suoi comportamenti».

Se, quando sarà reso pubblico il rapporto steso dallo stesso Barr sulle sue indagini, compresa quella effettuata a Roma, ci fossero delle contraddizioni con la ricostruzione offerta da Conte, la cosa creerebbe non pochi imbarazzi nei rapporti tra Italia e Usa, e minerebbe l’autorevolezza del presidente italiano proprio mentre emerge la sua contrapposizione con Luigi Di Maio per la leadership del Movimento Cinque Stelle.

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