Ue, Salvini sfida Meloni con la destra estrema

L’ANALISI. Conquistato il primo posto tra i leader «costruttori» nella classifica del prestigioso sito «Politico.eu» (che dà atto alla premier di aver diradato i timori sorti in Europa con la vittoria elettorale dell’ottobre scorso), Giorgia Meloni si vede attribuire dallo stesso organo di stampa un ruolo chiave in quello che accadrà all’indomani delle europee di giugno 2024.

«Politico» scrive chiaro e tondo di un possibile alleanza dei Conservatori e Riformisti della Meloni con il Ppe in vista di una riedizione della «maggioranza Ursula» con il Pse che dovrebbe riportare proprio von der Leyen a capo della nuova Commissione. «Politico» non lo scrive ma tutti sanno che solo in questo caso l’Italia del centrodestra si potrebbe assicurare una posizione di potere nel nuovo vertice di Bruxelles.

Insomma, questo treno è già partito ma non è detto che non provochi dei contraccolpi nella maggioranza del governo italiano. Lo capiremo e lo vedremo domenica quando Matteo Salvini riunirà alla Fortezza da Basso di Firenze i «suoi» alleati in Europa che non sono gli stessi di Meloni ma aderiscono al raggruppamento chiamato «Identità»: la francese Marine Le Pen, il sovranista olandese Wilders che ha appena vinto le elezioni nel suo Paese, l’estrema destra tedesca di Alternative fur Deutschland, l’FpD austriaco, ecc. Anche se non si sa quali leader saranno fisicamente presenti a Firenze (la Le Pen, per esempio, si collegherà), le delegazioni saranno quattordici e discuteranno di «Free Europe, lavoro, sicurezza e buon senso». È gente con la quale, tanto per fare un esempio, il Ppe di Manfred Weber e di Antonio Tajani non vuole avere niente da spartire e anzi lavora per costruire un cordone sanitario che la isoli. Quanto alla Meloni, con il suo CeR ha altri alleati (i polacchi del Pis, gli spagnoli di Vox) e altri progetti. Insomma, i tre partiti italiani in Europa vanno ognuno per conto proprio.

Salvini dice che vuole fare in modo che i partiti del centrodestra italiano marcino insieme evitando di aiutare i socialisti: «Non troverei molto intelligente allearsi con loro o con Macron», che è invece la prospettiva di cui parla «Politico» e di cui si discute in tutti gli ambienti che contano nell’Unione. Il sogno del leader della Lega sarebbe quello di un unico fronte conservatore e di destra in grado di conquistare la maggioranza dei seggi e di dar vita ad una Commissione su misura: un progetto che a oggi i sondaggi non incoraggiano. Ma se Salvini insiste in questo progetto è anche perché sa che così può dimostrare che la linea politica di Fratelli d’Italia non è coerente con le promesse di quando stava all’opposizione («Politico» scrive che Giorgia Meloni ha rassicurato l’Europa con il suo «camaleontismo») e provare a drenare voti di elettori delusi dalla «nouvelle vague» meloniana. Quello per intenderci che presto porterà la presidente del Consiglio a ratificare la riforma del Mes, da sempre respinta in Italia da FdI e dalla Lega (e dal M5S) tanto che siamo l’unico Paese dell’Unione che non abbia ancora apposto quella sospiratissima firma senza cui il Mes non può funzionare. Meloni si è tenuta in tasca questa arma per poter negoziare meglio le nuove regole del Patto di stabilità, sapendo però benissimo che ad un certo punto della trattativa gli alleati le metteranno un termine ultimo.

E quello sarà un momento in cui Salvini si prenderà ancora una volta lo spazio per distinguersi dagli alleati come sta facendo in queste ore sulla questione delle bollette della luce e del gas. A giugno si vota, perdipiù con il proporzionale, ed è normale che ognuno cerchi di ampliare il suo spazio vitale, soprattutto se - come nel caso della Lega - negli ultimi tempi si è molto ristretto a vantaggio di un alleato

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