L’intelligenza artificiale utile per la diagnosi di retinopatia

QUELLA PROVOCATA DAL DIABETE. Si tratta della principale complicanza dovuta a questa malattia e rappresenta la prima causa di cecità nell’età lavorativa.

Un sistema di intelligenza artificiale per la valutazione automatizzata della retinopatia diabetica ha dimostrato una sensibilità del 100 per cento nell’individuazione dei casi di grado moderato o severo, ovvero forme della malattia che possono mettere a rischio la vista e che richiedono quindi l’intervento dell’oculista. Questo è il risultato chiave del primo studio condotto interamente in Italia sull’intelligenza artificiale nella retinopatia diabetica, «Feasibility and accuracy of the screening for diabetic retinopathy using a fundus camera and an artificial intelligence pre evaluation», recentemente pubblicato sulla rivista internazionale Acta Diabetologica, in cui sono stati arruolati 637 pazienti seguiti presso i centri diabetologici e oculistici della Asl Torino 5 per valutare l’accuratezza e l’affidabilità di questo algoritmo di apprendimento automatico.

Colpito oltre un milione di persone

In Italia, sono oltre un milione le persone con diabete che soffrono di retinopatia diabetica, la principale complicanza del diabete e la prima causa di cecità in età lavorativa. Tutte le linee guida sul diabete, nazionali e internazionali, sia per il diabete tipo 1 sia tipo 2, raccomandano una valutazione regolare e precoce dello stato della retina e un intervento immediato, se necessario. Tuttavia, l’accesso a questo tipo di screening nei paesi sviluppati è basso, in parte per la complessità e il costo delle procedure e in parte perché in molti Paesi, Italia inclusa, questo screening viene effettuato dagli oculisti, gravando sulle liste di attesa. Questo studio si basa, infatti, sulla necessità di trovare procedure semplificate e con un costo contenuto per implementare lo screening della retinopatia in popolazioni numerose, com’è quella delle persone con diabete, e richiedere l’intervento di oftalmologi solo in casi strettamente necessari. «L’algoritmo di intelligenza artificiale ha dimostrato di essere molto efficiente nell’individuare la retinopatia di grado moderato e severo, con la certezza che nessun paziente che necessita di un oculista venga erroneamente diagnosticato come negativo», spiega Carlo Bruno Giorda, principale ricercatore dello studio. «Considerato il sempre crescente numero di persone con diabete e l’importanza di questo screening, che spesso non viene effettuato a causa delle lunghe liste di attesa - conclude Carlo Bruno Giorda, - si è reso necessario l’utilizzo di sistemi di valutazione automatizzata delle immagini per sveltire il percorso diagnostico, riducendo l’onere per gli specialisti e il tempo di attesa per i pazienti. Ovviamente non si parla di sostituire la professionalità dell’oculista, ma di dargli un importante supporto nelle fasi più complesse. Inoltre, auspichiamo che le evidenze emerse dallo studio offrano alle società scientifiche diabetologiche spunti di riflessione circa la possibilità di applicare questa nuova metodica di screening nella pratica clinica quotidiana».

Progressione del diabete: presto disponibili nuove cure

Sono stati presentati alla 49ª Annual Ispad Conference, a Rotterdam in Olanda, i nuovi dati dello studio di fase 3 Protect realtivi a teplizumab. Protect ha studiato l’efficacia e la sicurezza di teplizumab rispetto al placebo nel rallentare la perdita di cellule beta e preservare la funzione delle cellule beta misurata dal C-peptide, in bambini e adolescenti di età compresa tra gli 8 e i 17 anni con diagnosi di diabete di tipo 1 autoimmune (T1D) di stadio 3 nelle 6 settimane precedenti. I dati completi dello studio sono stati contemporaneamente pubblicati su The New England Journal of Medicine.

Grandi capacità

Teplizumab ha raggiunto l’endpoint primario dello studio, dimostrando una capacità superiore rispetto al placebo nel preservare le cellule beta del pancreas, valutata attraverso un significativo rallentamento della diminuzione dei livelli medi di C-peptide al completamento dello studio. Il C-peptide è un biomarcatore della funzione delle cellule beta. Questa significativa differenza indica il potenziale di teplizumab nel rallentare la progressione del diabete di tipo 1 di stadio 3 in questa popolazione. Sebbene i principali endpoint secondari dello studio non abbiano raggiunto la significatività statistica, sono state osservate tendenze numeriche a favore di teplizumab nei parametri clinici rilevanti. In media, i soggetti che hanno assunto teplizumab hanno richiesto un numero di unità di insulina inferiore e hanno avuto un tempo di permanenza nell’intervallo corretto di glicemia numericamente superiore, rispetto a quelli che hanno assunto il placebo.

«Il diabete di tipo 1 è una malattia cronica, di origine autoimmune, causata dalla distruzione delle cellule beta produttrici di insulina e, pertanto, la conservazione delle cellule beta rimane un’esigenza essenziale ancora non soddisfatta per tutti i pazienti affetti da diabete. Questi nuovi risultati - spiega Kevan Herold, Long Professor of Immunobiology and of Medicine (Endocrinology), Yale School of Medicine and Primary Investigator of Protect - sono basati sui dati di numerosi studi condotti in diverse fasi del processo patologico e vanno a sostenere ulteriormente il potenziale di teplizumab nel modulare la progressione del diabete di tipo 1».

Risultati incoraggianti

«I risultati dello studio Protect - aggiunge Jose Eduardo Neves, Global Head of Medical Affairs, General Medicines, Sanofi - sono particolarmente incoraggianti, in quanto mostrano il potenziale di teplizumab nel rallentare la progressione dello stadio 3 del diabete di tipo 1 in questa popolazione, oltre a indicare una tendenza favorevole dal punto di vista clinico per le persone con il diabete di tipo 1. Siamo impazienti di discutere questi nuovi dati con la comunità scientifica e le autorità regolatorie di tutto il mondo».
Teplizumab è un anticorpo monoclonale CD3-diretto. Teplizumab è la prima e unica terapia modificante la malattia nel diabete autoimmune di tipo 1 (T1D); è stato approvato dalla FDA statunitense nel novembre 2022 per ritardare l’insorgenza del diabete di tipo 1 allo stadio 3 in adulti e bambini a partire dagli 8 anni con diagnosi di T1D allo stadio 2. (Italpress)

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