Allarme medici, in 9 mesi 85 hanno lasciato: task force dell’Ats per trovare soluzioni

Nel 2021 le cessazioni previste (12 camici bianchi in pensione) e impreviste. Ora sono 75 i posti scoperti. Il dg Giupponi: «Tre gruppi di lavoro, uno per ogni territorio delle Asst, per rispondere ai bisogni dei cittadini».

L’emergenza medici di medicina generale in Bergamasca è ormai un dato oggettivo: ora l’Ats, Agenzia di tutela della salute di Bergamo sta individuando soluzioni per far fronte al problema. Sono attualmente 42 i cosiddetti ambiti carenti. «E qui è importante sottolineare cosa significa carente: è una definizione tecnica, termine previsto dall’Accordo collettivo nazionale, che indica il numero massimo di medici che potrebbero essere inseriti in un determinato ambito. Pertanto quegli ambiti hanno già dei medici, ma ne possono essere inseriti anche altri al fine di migliorare il servizio territoriale con una maggiore e più capillare presenza di professionisti», sottolinea il direttore generale dell’Ats di Bergamo Massimo Giupponi. Il numero attuale dei medici di base, sulla base dei dati forniti da Ats Bergamo, nel capoluogo e provincia è in totale di 618; di questi 568 sono titolari e 50 provvisori. «La Bergamasca ha sempre avuto una media di 660 medici di medicina generale, il numero massimo dovrebbe essere 766, ma è un traguardo che non si è mai raggiunto e storicamente si attestano appunto su quella cifra», precisa il direttore generale Giupponi.

Al momento sono 75 i posti di medici di medicina generale non coperti. Nel corso del 2021 sono 12 i medici che hanno già lasciato o lasceranno l’attività per raggiunti limiti di età (70 anni): questo è l’unico dato certo e prevedibile per l’Ats. Ma all’1 ottobre in totale i medici cessati erano ben 85 (53 titolari e 32 provvisori). Il che significa che oltre ai 12 settantenni, Ats ha dovuto fare i conti con 73 cessazioni impreviste tra titolari e provvisori, praticamente una media di 8 medici al mese in nove mesi. Si tratta di medici che decidono di cambiare tipo di lavoro o che scelgono di andare in pensione prima del limite massimo di 70 anni o altro ancora. Ad accrescere le difficoltà c’è anche quanto prevede l’Accordo collettivo nazionale: il medico è tenuto a comunicare la cessazione solamente 60 giorni prima. «Queste carenze non possono essere previste o calcolabili per procedere, in un tempo preventivabile, a interventi che permettano, pur nei limiti di un sistema organizzativo complesso, di coprire il posto lasciato vacante», prosegue Giupponi.

La ricerca di soluzioni

Le prospettive, quindi, sono impegnative. Un’opportunità, ma con qualche limite, è data dai medici iscritti al corso triennale per la formazione di medici di medicina generale (obbligatorio per i laureati iscritti all’Ordine per esercitare come medici di base) che possono sì lavorare, e quindi coprire un posto all’interno di un ambito, ma solo in studi associati e per un massimo di 650 assistiti.

Il bando per i medici corsisti è scaduto il 12 ottobre e sono arrivate 43 domande, che verranno inserite in una specifica graduatoria predisposta dall’Ats. A fronte di queste complesse situazioni, l’Ats di Bergamo ha messo in campo «task force» che possano procedere in modo organizzato e «disegnato» sulle esigenze del territorio per limitare i disagi e ovviare ai problemi che derivano dalla carenza dei medici di base: in sostanza, per trovare soluzioni che siano operative e che vengano incontro ai bisogni dei cittadini, a fronte dell’oggettiva difficoltà di reclutare medici attraverso bandi o con l’«immissione» di nuove forze lavoro che «escono» dai corsi di formazione.

Collaborazioni tra enti

«Si tratta di tre gruppi di lavoro, ognuno per ogni territorio delle tre Asst, composti da un rappresentante dell’Asst stessa, da uno per i sindaci, uno per il Dipartimento di Cure primarie, uno dell’Ufficio dei sindaci dell’Ats, uno dei Medici di assistenza primaria e uno per le farmacie – entra nel dettaglio Giupponi – . Sono gruppi che si occuperanno specificamente della carenza dei medici ed entreranno in operatività dalla prossima settimana. La strategia sta nell’organizzare soluzioni man mano che verrà segnalata la carenza di uno o più medici in ogni specifico ambito, per attutire o eliminare i disagi per gli utenti. Si tratta di una logica di co-partecipazione e di corresponsabilità rispetto a un problema che riguarda tutti, partendo comunque da una realtà effettiva per l’intero territorio bergamasco: nessuno è mai rimasto senza il medico di base».

Gli interventi che si possono attivare sono diversi e già sono stati applicati in differenti occasioni: in caso di mancanza di un medico di famiglia, con il coinvolgimento delle farmacie, per esempio si può organizzare la consegna delle ricette, per evitare lo spostamento degli utenti anziani. Sempre per la popolazione più avanti con l’età, grazie all’apporto dei Comuni, si possono aprire sportelli per la scelta e revoca del medico di base, così come con la collaborazione delle istituzioni locali si può intervenire per reperire i locali per aprire un ambulatorio o per organizzare i servizi di Cad, continuità assistenziale diurna, servizio che di fatto copre l’assenza di medici.

Sono 11 le Cad sul territorio

La Cad «storica» è stata aperta per esempio a Romano nel novembre 2020 e attualmente le Cad attivate e in via di attivazione sono su 11 sedi differenti, diversamente potenziate a seconda del numero degli assistititi che si trovano a gestire. Altre soluzioni più operative, e previste anche dall’Accordo collettivo nazionale per i medici di medicina generale, sono quelle dell’aumento dei massimali del numero degli assistiti: in media un medico di base ha un massimo di 1.300-1.500 assistiti, ma si può arrivare anche a 1.800 o 2.000. «L’aumento dei massimali può essere un modo per ovviare alla carenza e in Bergamasca abbiamo già almeno una cinquantina di medici che hanno anche fino a 2.000 assistiti. L’aumento, è necessario sottolinearlo, va comunque approvato dal Comitato aziendale dell’Ats con i sindacati».

«Il problema per i bandi, come si è visto – continua Giupponi – sta soprattutto nel fatto che proprio per una carenza strutturale di nuovi medici non si arriva mai a coprire i posti vacanti». Gli inserimenti in prima battuta riguardano i medici iscritti alla graduatoria regionale definita alla fine dell’anno precedente: nel 2021 sono stati inseriti 28 medici. Il bando fatto a giugno era rivolto ai medici inseriti nelle graduatorie di altre regioni: due sono stati i medici interessati e uno solo ha acquisito la postazione. «Per quanto riguarda i medici corsisti, come detto possono avere un massimale di 650 assistititi e, quindi, sono sì un importante apporto, ma non possono essere considerati risolutivi per carenze molto strutturate. Per questo contiamo davvero sui gruppi di lavoro che entreranno in funzione: si riuniranno una volta al mese, valutando le singole situazioni dei medici che, per quel gruppo di competenza territoriale, hanno annunciato nei due mesi precedenti la cessazione: in questo modo gli interventi individuati dovrebbero risultare efficaci e tempestivi», conclude Massimo Giupponi.

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