Il Covid e le trombosi: «Il rischio è nel virus, non nella vaccinazione»

Giovedì 16 settembre alle 20.30 in piazzale Alpini, la Fondazione Artet promuove un confronto con la giornalista scientifica Roberta Villa, Gianluca Dotti e Anna Falanga del «Papa Giovanni».

«Covid-19 e trombosi: le relazioni pericolose». Nel titolo del convegno c’è la sintesi di una discussione scientifica che prosegue da un anno e mezzo: prima, le scoperte nella fase iniziale della pandemia sugli effetti più acuti del Covid; poi, negli ultimi mesi, il lavoro di chiarezza sulle possibili conseguenze del vaccino. Il legame tra la trombosi – una delle patologie cardiovascolari più comuni – e il Covid è al centro dell’incontro promosso questa sera (ore 20,30 in piazzale degli Alpini, partecipazione con iscrizione tramite www.fondazioneartet.it ) dalla Fondazione Artet, realtà bergamasca che promuove la ricerca su trombosi, emostasi e tumori.

Ne parleranno i giornalisti scientifici Roberta Villa e Gianluca Dotti, in dialogo con Anna Falanga, direttore scientifico della Fondazione Artet e direttore dell’Unità di Immunologia e Medicina trasfusionale del «Papa Giovanni» di Bergamo. «In questi mesi – sottolinea Anna Falanga – è purtroppo emerso che la trombosi e l’embolia polmonare sono una frequente complicanza, e talora la causa di morte, nei pazienti Covid. Questi pazienti mostrano infatti un eccessivo stato di ipercoagulabilità, cioè una forte tendenza a formare coaguli nel sangue. Proprio per questo motivo, il nostro Centro di emostasi e trombosi ha aderito a uno studio globale della coagulazione in pazienti Covid, i cui primi promettenti risultati sono stati presentati al congresso della prestigiosa Società americana di ematologia».

«È un convegno importante, perché affronta un tema trasversale a tutta la pandemia, ed è anche uno dei temi su cui si è creata più disinformazione – è il punto di vista di Roberta Villa, divulgatrice scientifica e impegnata in attività di ricerca anche all’Università Ca’ Foscari di Venezia –. Proprio a Bergamo, nei primi mesi della pandemia, fu evidenziato che la trombosi era all’origine di molti decessi di pazienti Covid, perché il Covid non è una malattia solo respiratoria». La disinformazione, in particolare, è emersa rispetto ai possibili effetti collaterali del vaccino di AstraZeneca. «È stata riconosciuta la possibilità di una rarissima complicazione, la Vitt: l’enfasi data a questa possibile reazione avversa ha però contribuito ad affossare un vaccino che per esempio nel Regno Unito ha permesso di contenere l’ondata della variante di delta. In realtà il rischio di trombosi è molto maggiore ammalandosi di Covid che facendo il vaccino».

Nella prima pandemia vissuta in tempi di social network massivi, e diventata anche «infodemia», il contributo alla disinformazione è arrivato in realtà anche (o soprattutto) dai mezzi di comunicazione classici, avverte Villa: «Le maggiori sacche di resistenza ai vaccini stanno nel target dai 50-60 anni in su, coloro che guardano soprattutto la televisione: i più giovani, che la guardano meno o addirittura non la guardano, sono stati meno vittime dell’infodemia. I social sono dei contenitori, dipende da cosa ci si mette dentro: c’è anche la possibilità di controbilanciare la disinformazione con una divulgazione scientifica corretta e responsabile». Sullo scenario attuale del Covid, «l’Italia è tra i Paesi europei con una più bassa circolazione del virus, probabilmente anche per una maggior promozione della socialità all’aria aperta in estate – riflette Villa –. La ripartenza di settembre probabilmente porterà a una risalita dei casi, i riflessi dipenderanno dall’adesione alla campagna vaccinale. I vaccini proteggono, lo dimostra il caso inglese».

Fondazione Artet è nata nel 2018 da un’idea di Roberta Sestini (presidente), Giovanna Terzi Bosatelli (vicepresidente) e Anna Falanga (direttore scientifico); i soci fondatori sono Gewiss, Siad e Intesa Sanpaolo. «Credo molto nella ricerca scientifica che, in fin dei conti, ha come obiettivo quello di sviluppare cure migliori per una migliore qualità della vita. Il mio impegno in Fondazione è per ridurre la distanza tra i malati, le loro famiglie e i sanitari», spiega Roberta Sestini. «Oggi presentiamo alla nostra città una campagna di comunicazione che ha l’obiettivo di accendere i riflettori sull’importante lavoro di Fondazione Artet – rimarca Giovanna Terzi Bosatelli –. Contiamo sul sostegno del nostro territorio per progredire nella scienza».

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