Mangia insalata con erba tossica, in ospedale una donna di 69 anni

Ora è fuori pericolo Stava raccogliendo piante selvatiche sui Colli di San Fermo, ma ha scambiato il «ginocchietto» con il velenoso «veratro».

La raccolta e l’utilizzo in cucina di piante e arbusti selvatici, successivamente trattati, per preparare piatti gustosi e specialità dai sapori inconsueti, il cosiddetto «foraging», è un fenomeno in aumento. Purtroppo, però, lo è anche il pericolo di confondere le erbe, raccogliendone alcune che risultano velenose. L’ultimo caso di cui si è occupato il Centro antiveleni dell’Unità di Tossicologia dell’Asst Papa Giovanni XXIII di Bergamo, diretto da Giuseppe Bacis, riguarda una donna bergamasca, 69 anni, finita in ospedale dopo aver raccolto, scambiandola per un’altra pianta, sui Colli di San Fermo, un’erba potenzialmente mortale, il veratro (Veratrum album), mangiandola poi cruda, condita in insalata.

Intervento dell’Orto Botanico per il riconoscimento

«L’allarme ci è arrivato dall’ospedale di Seriate - illustra Bacis -, dove la donna si era recata al pronto soccorso con sintomi preoccupanti: vomito, bradicardia, ipotensione arteriosa. Dalle prime ricostruzioni è emerso che la donna, in compagnia della figlia e del marito, aveva fatto un’escursione alla ricerca di un’altra pianta, chiamata comunemente “ginocchietto”, o anche “sigillo di Salomone” (Polygonatum odoratum), che è sempre un’erba velenosa, ma che, se viene cotta, può essere commestibile». È molto facile confondere un’erba con un’altra, correndo molti rischi: in questo caso per il riconoscimento si è reso necessario l’intervento di Gabriele Rinaldi dell’Orto Botanico.

La donna intossicata, arrivata al pronto soccorso di Seriate - che ha immediatamente lanciato l’allarme e la richiesta di intervento del Centro antiveleni - è stata sottoposta ai primi trattamenti di disintossicazione: lavanda gastrica, carbone attivo, osservazione per 24 ore in Terapia intensiva. «Con il passare delle ore si è ripresa ed è stata giudicata fuori pericolo», specifica Bacis.

Bacis: «Servono conoscenze botaniche approfondite per raccogliere erbe sicure, e altrettanta esperienza per poterle utilizzare in cucina»

Negli ultimi 5 anni il Centro antiveleni dell’Asst Papa Giovanni XXIII ha seguito 1.067 casi di intossicazioni da piante, il 3% della casistica totale della struttura: «Noi tossicologi, comunque, ribadiamo che servono conoscenze botaniche approfondite per raccogliere erbe sicure, e altrettanta esperienza per poterle utilizzare in cucina», chiude Bacis.

© RIPRODUZIONE RISERVATA