Pistoletto: «La pace dovrebbe dare il titolo alla vita». Annullato l’incontro con l’artista a Crespi

l’INTERVISTA. Michelangelo Pistoletto era atteso sabato 11 novembre al festival di Crespi, di ritorno dall’Unesco dove ha parlato di «pace preventiva». Incontro annullato per problemi di salute.

«Viviamo in un film di guerra in cui la pace compare solo alla fine, mentre dovrebbe dare il titolo alla nostra esistenza». Pace e futuro: a 90 anni compiuti sono questi gli orizzonti di Michelangelo Pistoletto, personalità artistica di riferimento del Novecento e teorizzatore del «Terzo Paradiso», il luogo in cui i due cerchi dell’infinito s’incontrano e creano l’equilibrio e l’armonia necessari per far sopravvivere il mondo.

Di ritorno da Parigi, dove mercoledì pomeriggio ha parlato all’Unesco di «pace preventiva», oggi alle 18 Pistoletto era atteso come ospite di «Produzioni Ininterrotte», il Festival della Letteratura del lavoro, al teatro di Crespi d’Adda (ingresso gratuito), per presentare il suo ultimo libro «La Formula della Creazione» (Ed. Cittadellarte). Gli organizzatori hanno però comunicato nella mattinata di sabato 11 novembre che l’artista non sarà presente per problemi di salute. Ecco l’intervista che ha rilasciato a «L’Eco di Bergamo».

Partiamo dal suo intervento all’Unesco; come si può parlare di «pace preventiva» in un mondo pieno di conflitti?

«È proprio per questo che se ne deve parlare. Nel mondo di guerra in cui viviamo la pace viene sempre dopo. È, anzi, una condizione che chiama alla guerra. D’altronde non si può fare la pace se non attraverso la guerra. Per questo dico che, invece di metterla alla fine, la parola “pace” dovrebbe rappresentare il titolo della nostra vita sulla Terra».

E come si costruisce la pace?

«Io ho realizzato la “formula della creazione” che è fatta di tre cerchi consecutivi che nascono dal simbolo dell’infinito. Ho creato un terzo cerchio al centro degli altri due, che rappresenta la vita. I due all’esterno rappresentano invece gli elementi opposti che s’incontrano nel cerchio centrale. È lì che nasce qualcosa che prima non esisteva. E ci sono due possibilità: o questi elementi esplodono, come succede con la guerra, oppure trovano un equilibro. La pace si costruisce facendo in modo che due elementi contrapposti trovino l’armonia. È la scelta che noi uomini dobbiamo fare partendo dai rapporti quotidiani che finiscono sempre per essere sottoposti a una tensione. Per questo motivo dico che bisogna imparare fin da piccoli a gestire la creazione in modo equilibrato e armonico».

È una richiesta un po’ ambiziosa quella che lei fa al genere umano.

«Sì, ambiziosa e ottimistica. D’altronde nella vita bisogna essere ottimisti. La gente spesso mi chiede se sono felice; io rispondo di sì, non so se riuscirò mai a cambiare il mondo con l’arte, ma mentre ci lavoro già mi sento meglio. È il processo che conta, la finalità è arrivare alla pace ma ciò che è davvero importante è il metodo che utilizziamo per arrivarci».

Lei ha ancora fiducia nell’essere umano?

«Certamente. Oggi siamo arrivati a un punto di sviluppo così estremo che è in atto un’accelerazione straordinaria del potenziale del nostro pensiero e delle nostre capacità. Siamo arrivati al dunque e sta a noi decidere se proseguire oppure esplodere».

Nel libro lei ripercorre le tappe del suo percorso artistico attraverso i 31 passi che l’hanno portata all’intuizione del «Terzo Paradiso». C’è un motivo per il quale questi passi sono proprio 31?

«No, anche se mi capita spesso che, contando le cose, la numerazione s’interrompa intorno a quella cifra, che è poi il numero dei giorni che ci sono in un mese. È una convenzione, un modo di misurare il tempo, di metterci dentro tanti avvenimenti e di raccoglierli all’interno della mia esistenza».

Nei giorni scorsi a Rivoli, in provincia di Torino, ha inaugurato la mostra «Molti di Uno» che celebra la sua opera proponendosi di far riflette anche sulle sfide del futuro. Lei dice d’immaginare una città del futuro influenzata da social media e intelligenza artificiale. Che rapporto ha con l’intelligenza artificiale?

«Dico che è una cosa meravigliosa. A Rivoli ho esposto sei tele con dei qrcode e ho interrogato l’Intelligenza artificiale chiedendole di scrivermi sei testi sul mio lavoro. Le ho chiesto anche di descrivere una mia opera che non esiste ed è impressionante vedere come i testi che sono usciti sono di una tale precisione e di una tale conoscenza da far capire che l’intelligenza artificiale ormai esiste ed è il nostro grande cervello comune».

E non le fa paura?

«Mi dà una grande gioia, altro che paura. Mi fa capire che ci troviamo già in una dimensione che raccoglie il nostro essere e tutti i nostri pensieri. È come se, in qualche modo, il nostro pensiero si unisse al pensiero degli altri per produrre un universo anche dopo la nostra vita fisica».

Dostoevskij diceva «la bellezza salverà il mondo», lei in fondo ci ha provato con l’arte. Ora c’è anche l’intelligenza artificiale. Alla fine chi lo salverà questo mondo?

«La bellezza è molto problematica perché in passato è stata usata anche nel peggiore dei modi. Pensiamo al nazismo, che nel nome della bellezza assoluta ha creato cose mostruose. Stiamo attenti, perché si può godere anche del male. Non si può quindi parlare di bellezza in senso assoluto. Noi siamo responsabili di ogni atto che ci porta all’equilibrio e all’armonia. Queste sono le parole giuste, non la bellezza».

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