Problemi con la tiroide per oltre 6 milioni di italiani

Prevenzione e cura. È importante ricordare che solo il 5% dei noduli tiroidei è maligno e raramente si presenta in forma avanzata con lesioni a distanza.

In Italia le persone che soffrono di patologie della tiroide sono più di 6 milioni. In occasione della Settimana Mondiale della Tiroide (SMT), che si è conclusa ieri, sabato 25 maggio, le organizzazioni dei pazienti e la comunità scientifica chiedono che l’Organizzazione Mondiale della Sanità riconosca le malattie tiroidee quali malattie non trasmissibili che, per definizione della stessa OMS, sono le patologie croniche, a lungo decorso, che derivano da una combinazione di fattori genetici, ambientali e comportamentali, differenziandosi quindi dalle malattie infettive contagiose, trasmissibili da un soggetto all’altro, che causano epidemie.

«La maggior parte delle malattie della tiroide possono entrare di diritto nel gruppo delle malattie non trasmissibili; infatti, sia l’ipertiroidismo che l’ipotiroidismo sono patologie croniche, nella maggior parte dei casi di natura “autoimmune”, ovvero causate da una reazione immunitaria anomala che si rivolge contro le cellule della tiroide, causandone distruzione nel caso dell’ipotiroidismo o eccessiva stimolazione nel caso dell’ipertiroidismo. In entrambi i casi si tratta di patologie che hanno necessità di essere periodicamente controllate, senza eccedere nel numero dei controlli e nel tipo di esami da eseguire ciclicamente. Ad esempio, il dosaggio degli autoantianticorpi, il cui valore numerico può variare indipendentemente dalla variazione clinica della malattia, non va ripetuto ad ogni controllo, ma solo in particolari momenti del percorso di cura identificati dallo specialista, conclude l’esperto», afferma Gianluca Aimaretti, presidente della Società Italiana di Endocrinologia.

«Proprio per la natura cronica della maggior parte delle patologie tiroidee», evidenzia Renato Cozzi, presidente Associazione medici endocrinologi, «è indispensabile che l’endocrinologo avvicini con empatia questi pazienti, che spesso incontrano lo specialista dopo lunghi periodi di attesa, ascoltando con attenzione i sintomi che lamentano, visitandoli mettendo anche la mano sul collo e rassicurandoli, una volta visti gli esami, che i loro sintomi sono curabili in maniera efficace quando dipendenti da una reale patologia tiroidea».

«Anche la patologia nodulare tiroidea è una patologia cronica», prosegue Laura Fugazzola, presidente European Thyroid Association. «La presenza di noduli di ridotte dimensioni, a volte più piccoli di 1 cm, è molto comune nella popolazione generale adulta (50 per cento degli over 50) ma la loro rilevanza clinica è molto scarsa. Per tale motivo l’esecuzione di ecografie tiroidee su grandi segmenti di popolazione, eseguite senza una motivazione clinica, è oggi sconsigliata perché evidenzierà noduli che avranno una scarsissima importanza clinica, ma che provocheranno inutile preoccupazione nel soggetto in cui sono stati casualmente rilevati. Diversamente, i noduli di dimensioni più grandi rispetto a quelli sopra descritti devono essere valutati per la possibilità di alterare la funzione tiroidea e per verificarne la loro natura. Noduli benigni che non alterano la funzione ghiandolare dovranno comunque essere controllati periodicamente e l’inserimento di questa condizione clinica tra le malattie croniche potrebbe contribuire a ridurre la spesa sanitaria attraverso una migliore programmazione dei controlli clinici, evitando quindi la ripetizione di esami inutili. Allo stesso tempo si potrebbe prevedere di inserire questa patologia, in quanto cronica, tra le esentabili dal pagamento del ticket», conclude Fugazzola.

È invece molto più importante, secondo Antonella Olivieri, ISS, Dipartimento di Malattie Cardiovascolari, Endocrino-Metaboliche e dell’Invecchiamento, «fare prevenzione attraverso la profilassi con sale iodato: la patologia nodulare tiroidea è infatti fortemente condizionata dalla carenza di iodio. Sebbene in Italia, grazie alla campagna sull’uso del sale iodato iniziata nel 2005, la nutrizione iodica sia molto migliorata, occorre che la popolazione continui ad essere sensibilizzata ad utilizzare poco sale e solo iodato già a partire dall’età pediatrica, al fine di contrastare in maniera rilevante la formazione del «gozzo» e dei noduli tiroidei».

«Parlando dei tumori della tiroide», aggiunge Rossella Elisei, Rossella Elisei, presidente Associazione Italiana Tiroide, «in particolare la forma papillare, sono senz’altro da considerare tra le malattie croniche non trasmissibili in quanto spessissimo, e fortunatamente, guariscono o cronicizzano con una bassa probabilità di recidivare ma, essendo comunque i pazienti tiroidectomizzati e sottoposti a terapia con ormone tiroideo, devono essere seguiti per lungo tempo. Anche per questa patologia vi sono dei fattori di rischio che possono essere positivamente modificati, ad esempio evitando o minimizzando l’esposizione della regione del collo alle radiazioni ionizzanti. L’identificazione della malignità del nodulo avviene con l’agoaspirazione e l’esame citologico che però oggi vengono riservati solo a noduli di dimensioni maggiori di un centimetro e con caratteristiche ecografiche sospette. È importante ricordare che solo il 5% dei noduli tiroidei è di natura maligna e raramente si presenta in forma avanzata con lesioni a distanza. La terapia chirurgica e, quando opportuno la terapia radiometabolica, possono risolvere completamente la malattia». E’ importante promuovere un’informazione esauriente ma non allarmistica.

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