Graffiti sulle rocce, la Preistoria riaffiora a Costa Volpino: «Ed è solo l’inizio»

L’archeologo camuno Ausilio Priuli nella frazione Flaccanico, ha portato alla luce decine di rocce graffite: «È solo l’inizio». Scacchiere di gioco, tracce di affilatura delle armi e uno scivolo della fertilità. «L’esplorazione va avanti»

Una serie di nuove e importanti scoperte è stata portata alla luce in territorio di Flaccanico, frazione di Costa Volpino, dall’archeologo camuno Ausilio Priuli. Decine di rocce graffite che potrebbero presto dare il via ad una stagione di ricerche in una zona dove storicamente pochi studiosi si erano spinti a cercare. Situate principalmente su due diversi speroni di roccia distanti alcune decine di metri l’uno dall’altro, le incisioni individuate si trovano sullo strato della cosiddetta «Formazione di Wengen», una delle unità del Triassico medio-superiore più conosciute delle Alpi Meridionali.

«Sono convinto che questo sia solo l’inizio, qui nessuno ha mai fatto ricerca» racconta Priuli. Dalle rocce, coperte in parte dalle incrostazioni di licheni e in parte da accumuli di materiale, emergono straordinari frammenti storici e preistorici: dai segni dovuti all’affilatura delle armi alle coppelle (piccole conche rotondeggianti), fino ad arrivare a incisioni più strutturate come il «filetto», o «triplice cinta», un simbolo composto da tre quadrati concentrici uniti da tratti di intersezione perpendicolari.

«Secondo le interpretazioni di oggi raffigurerebbe la scacchiera di un gioco da tavolo, ma originariamente doveva avere qualche altro significato e infatti si parla di “triplice cinta” in riferimento alla “triplice cinta druidica”, in pratica il percorso per raggiungere il centro e quindi la conoscenza» spiega ancora l’archeologo.

Tra i segni che percorrono lo strato roccioso emerge anche una croce. «Dall’incrostazione che la copre non è tanto recente. Le croci venivano incise per cristianizzare quei luoghi ritenuti legati ai culti pagani». Carico di valore simbolico e sacrale era certamente lo «scivolo della fertilità», una pietra di origine naturale utilizzata in un rito di fertilità preistorico, qui rinvenuto proprio a pochi metri dalla croce. Secondo una credenza precristiana, scivolare sopra queste pietre lisce permetteva di guarire o prevenire la sterilità.

«Questo è antichissimo - spiega Priuli –, per essere così liscio e lucente lo è senza dubbio. Si dovrebbe scavare nel terreno perché probabilmente continua sotto l’accumulo di materiale di almeno un altro metro». Lo scivolo è a sua volta coperto da graffiti, alcuni relativamente recenti di persone che venivano a scivolare e hanno lasciato le proprie iniziali, il che lascia pensare che la ritualità sia perdurata a lungo anche in epoca storica. Altre tracce del passato aspettano di essere scoperte e documentate. Adesso la volontà è quella di continuare le esplorazioni e di intraprendere un progetto di valorizzazione. «Una segnalazione ufficiale alla Soprintendenza dei Beni Archeologici è stata fatta. Ci sono centinaia di graffiti ancora da scoprire e la prima cosa da fare sarebbe quella di intervenire e pulire le rocce per studiare quanto rinvenuto».

Camminando lungo sentieri anche conosciuti, non sempre si ha la consapevolezza che in altri tempi, molto lontani da noi, questi luoghi possano essere stati testimoni della storia dei primi uomini. Lo sono state certamente le strade di Flaccanico, come dimostrano i segni incisi da millenni sulle sue rocce che ogni giorno, per poche ore del mattino, tornano a risplendere sotto la luce radente del sole.

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