Case private ai turisti, boom su laghi e valli
Mappa e dati Comune per Comune

Dici «vacanza a Bergamo» e pensi a piazza Vecchia, alla Corsarola e alle Mura «luogo di romantiche passeggiate, teatro di meravigliosi tramonti», nel più classico degli slogan acchiappaturisti. I dati di Airbnb, il portale dove ognuno può mettere a disposizione la propria casa con un solo clic, fotografano una realtà diversa: il boom dell’home sharing non è solo in città, ma anche e soprattutto in provincia, con percentuali da capogiro attorno al lago d’Iseo e nelle valli bergamasche.

L’osservatorio ufficiale riesce solo in parte a valutare il fenomeno, in crescita verticale grazie ai vantaggi propri della sharing economy. Per aprire un Airbnb infatti basta una casa, un po’ di garbo nell’accogliere i turisti, pulizia e precisione.

In poco tempo il successo arriva: lo hanno sperimentato molti bergamaschi negli ultimi anni. E la dimostrazione è il +68% di alloggi dal 2016 a oggi. Al di là del numero generale, i casi più interessanti si scoprono grazie ai micro dati pubblicati da Federalberghi ed elaborati da L’Eco di Bergamo. Foppolo ad esempio è al primo posto nella classifica dei posti letto per abitante, un parametro che nel mondo del marketing viene chiamato «tasso di penetrazione del mercato»: 71,89 posti letto ogni cento abitanti solo su Airbnb, alberghi esclusi. Seguono alcuni Comuni del Sebino: Riva di Solto 21,36 posti letto ogni cento abitanti, Parzanica 18,23, Fonteno 12,35 e poi Onore, in Valle Seriana, con 9,15. La città di Bergamo, per capire l’impatto sul territorio, ha 1,67 posti letto ogni cento abitanti.

In alcuni paesi la crescita è davvero impressionante. Ci sono casi limite come Zogno, dove si è passati da 2 a 40 posti letto in soli due anni con un +1900%, oppure Leffe con +1500%. Dal 2016 ad agosto 2018, periodo di rilevazione, le valli bergamasche sembrano aver scoperto e sfruttato questa opportunità. Lo confermano le prime posizioni della classifica.

Oltre ai già citati Zogno e Leffe ci sono Colere, Onore, Rogno, Schilpario, Gazzaniga, Songavazzo, Credaro, ma anche Comuni impensabili e non certo turistici come Capriate San Gervasio, Torre Boldone, Brusaporto, Osio Sotto, Bonate Sopra, Torre Pallavicina.

Tutto bene? No, almeno secondo Federalberghi che denuncia concorrenza sleale e chiede una regolamentazione immediata. Il report «Turismo e shadow economy» pubblicato pochi giorni fa e consegnato al ministro del Turismo Gian Marco Centinaio contiene una serie di obiettivi che l’associazione chiede al governo di attuare: l’istituzione di un registro nazionale degli alloggi turistici con un codice identificativo, l’introduzione di limitazioni come l’obbligo della residenza del proprietario nell’appartamento affittato, un numero massimo di giorni di attività all’anno, un numero massimo di ospiti.

E poi l’applicazione reale della cedolare secca: la norma che impone la trattenuta alla fonte del 21% è in vigore, ma non applicata. Sta all’onestà dei cittadini comunicare all’Agenzia delle entrate il reddito da affitti brevi. Federalberghi parla di danno conclamato: «L’entità del danno provocato alle casse dello Stato è notevole. Basti considerare che nel 2016 i soli host di Airbnb hanno ricavato in Italia circa 621 milioni di euro, sui quali il portale avrebbe dovuto effettuare e versare ritenute per circa 130,4 milioni di euro. Considerando il tasso di crescita degli annunci, si può stimare che l’evasione dell’imposta nel primo anno di applicazione della norma sia stata pari ad almeno 200 milioni di euro».

E se perfino San Francisco, dove ha sede Airbnb, hanno deciso di mettere un tetto di 90 giorni disponibili all’anno, significa che gli albergatori qualche ragione ce l’hanno.

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