In alta Val Brembana pochi bambini
Chiusure in vista per altre due scuole

Pochi alunni a Roncobello e Santa Brigida. Il sindaco Rossi: «Così la montagna è in ginocchio »

Ennesima tegola sui servizi dell’alta Valle Brembana: sembra ormai certo che dal prossimo anno scolastico non riapriranno le scuole elementari di Santa Brigida e Roncobello. Pochi i bambini iscritti: 11 a Santa Brigida, forse meno di dieci a Roncobello.

La conferma arriva dal sindaco di Santa Brigida Manuel Rossi che, mercoledì scorso, con il sindaco di Cusio Andrea Paleni, ha incontrato la dirigente dell’Ufficio scolastico provinciale Patrizia Graziani. «Se la chiusura di Roncobello era di fatto già certa - spiega il primo cittadino - avevamo qualche speranza per Santa Brigida. La normativa dice, infatti, che le scuole di montagna possono sopravvivere con almeno dieci bambini. Quest’anno noi ne abbiamo 13, scenderanno a 11 l’anno prossimo, poi risaliranno, anche fino a 16. Ma la risposta è stata negativa. Ci è stato detto che, comunque, il numero di bambini è troppo esiguo e le disponibilità economiche scarse. Ma è probabile che ci siano altre realtà come la nostra dove invece la scuola è stata mantenuta».

«Le ricadute economiche e sociali in paese - continua Rossi - saranno importanti. Finora le famiglie si fermavano proprio grazie alla scuola. E le prospettive, anche demografiche, erano incoraggianti. Lo scorso anno in paese sono nati sei bambini e cinque famiglie si sono fermate. Ovvio che senza la scuola le scelte potrebbero cambiare. Abbiamo fatto anche presente gli investimenti degli ultimi anni sull’edificio che ospita le scuole. Ma i numeri sono numeri e ci è stato detto che la scuola a settembre non riaprirà. Noi, comunque, ci speriamo ancora e non molliamo. Tra venti giorni ci siamo dati un nuovo appuntamento con la dirigenza provinciale. Dovremo portare una soluzione alternativa. Diversamente se la scuola chiuderà sarà l’ennesimo colpo alla montagna, alla nostra valle. Si parla tanto di aiuti per contrastare lo spopolamento, ma in questo modo si mette in ginocchio la montagna». La chiusura a Santa Brigida farebbe spostare gli alunni della Valle Averara verso l’elementare di Olmo, mentre da Roncobello i bambini raggiungerebbero Lenna o Piazza Brembana. Tra le ipotesi future ci sarebbe poi lo stop dell’asilo paritario di Piazza Brembana (dal 2021-22), ma soprattutto la creazione di tre poli scolastici: a Lenna nido e infanzia, a Piazza le elementari e a Valnegra la scuola media. Una geografia scolastica, però, ancora tutta da definire.

«Una soluzione, quella dei tre poli, che garantirebbe servizi adeguati - commenta il presidente della Comunità montana Jonathan Lobati -. Ovvio che le chiusure delle scuole rappresentano un passo indietro per la montagna. Di fronte alla evidente crisi di nascite non ci resta che garantire servizi alle famiglie che lavorano fuori valle, con nidi e materne, aperti in orari congrui con quelli lavorativi. Comunque abbiamo chiesto un incontro al dirigente Graziani per chiedere delle deroghe».

La prevista chiusura delle scuole a Roncobello e Santa Brigida riporta alla ribalta il problema più ampio dei servizi, e soprattutto dello spopolamento montano, quanto meno nella nostra provincia. «Ovvio che se guardiamo ai numeri e ai relativi costi qui si chiude quasi tutto - dice Lobati - ma allora, se questo è il ragionamento, tagliamo tutto, non solo da noi: ovvero dipendenti pubblici in eccesso, soprattutto al Sud».

La sfida principale resta quella di tenere le giovani famiglie in alta valle, con il lavoro o con altri incentivi, «poi i servizi, grazie agli abitanti in crescita, vengono di conseguenza», prosegue il presidente comunitario.

«Qui serve un’azione straordinaria, se si vuole invertire la tendenza. Partiamo innanzitutto con l’individuare quali sono le cosiddette aree interne, ovvero le aree svantaggiate - continua - e operiamo una defiscalizzazione mirata, su Iva, su Irpef. Per esempio: in queste aree i residenti, quelli veri, dovrebbero pagare solo l’11% di aliquota Iva, su tutto. Oppure pagano il 22% come altrove, ma l’11% resta ai Comuni che, sotto forma di agevolazioni, le ridistribuisce alle famiglie del paese. Lo Stato potrebbe concedere questo? Magari avendo come ritorno la fusione dei nostri Comuni? Faccio una provocazione, ma neppure tanto: sarebbero disposti i 20 comuni dell’alta Valle a fondersi in un unica municipalità o a creare un’Unione, se lo Stato ci concedesse una tale defiscalizzazione, portando in alta valle tra i 15-20 mili

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