CRV - Quarta commissione – Auditi rappresentanti di Legambiente

(Arv) Venezia 8 giu. 2021 -     La Quarta commissione consiliare permanente, competente in materia di legalità, presieduta da Andrea Zanoni (Partito democratico), vicepresidente Roberto Bet (Zaia Presidente), ha proseguito oggi il percorso di approfondimento del fenomeno delle ecomafie e dei crimini legati al ciclo dei rifiuti. Sono stati auditi: Antonio Pergolizzi, analista ambientale e curatore dei rapporti Ecomafia di Legambiente; Enrico Fontana, responsabile dell’Osservatorio nazionale ambiente e legalità di Legambiente; l’avvocato Enrico Varali, coordinatore del CEAG - Centro di Azione Giuridica - di Legambiente. “E’ dal 1994 che Legambiente si occupa di ecomafie e del ciclo illegale dei rifiuti, attraverso un lavoro di ricerca, analisi e denuncia dei fenomeni illeciti – ha ricordato Enrico Fontana – Riconosciamo indubbiamente come il Veneto sia una regione all’avanguardia sul fronte della raccolta differenziata e dell’economia circolare, ma questo non deve farci abbassare l’attenzione e l’impegno per tutelare l’ambiente, salvaguardare la salute dei cittadini e sostenere tutte quelle imprese sane che investono nell’innovazione tecnologica, anche alla luce delle consistenti risorse provenienti dal Next Generation Eu. Dal 1994 pubblichiamo il Rapporto annuale Ecomafia, grazie ai dati che ci vengono forniti dalle Forze dell’Ordine, dal Ministero della Giustizia, che dal 2015 sta seguendo l’applicazione della Legge che ha introdotto nel Codice Penale i delitti contro l’ambiente, e dalla Direzione Investigativa antimafia. Prima dello scoppio della pandemia, abbiamo registrato un forte incremento dei reati ambientali e in particolare di quelli legati al ciclo dei rifiuti. Alcuni dati: un aumento del 23 percento dei reati ambientali accertati dalle Forze dell’Ordine; circa 34 mila reati legati ad attività economiche; 29 mila persone denunciate; 9 mila sequestri; 288 arresti e ordinanze di custodia cautelare, soprattutto legate all’attività organizzata del traffico illecito dei rifiuti. Analizziamo i fenomeni per filiere: il ciclo illegale del cemento, dalle cave abusive alle costruzioni illegali; il ciclo dei rifiuti, che nel 2019 ha conosciuto un incremento dei reati accertati dalle Forze dell’Ordine in tutta Italia: più 19,3 percento, con 11 mila persone denunciate. È stato registrato un aumento dei sequestri, oltre 3.500. I territori maggiormente interessati dai fenomeni di illegalità ambientale sono le regioni meridionali, soprattutto Campania, Puglia, Sicilia e Calabria, dove le mafie sono più presenti, anche se il fenomeno non deve essere inquadrato solo in ordine alle organizzazioni di stampo mafioso. Sicuramente, la mafia rappresenta la punta dell’iceberg. Il Veneto, con il 3,9 percento di reati ambientali accertati nel 2019, è in decima posizione, al dodicesimo posto sul fronte del ciclo illegale dei rifiuti”.

Il responsabile dell’Osservatorio ha sottolineato come “le attività illecite legate alla gestione dei rifiuti hanno un forte impatto economico, per un giro d’affari complessivo di 20 miliardi nel 2019, di cui almeno 3 miliardi di euro provengono dalla gestione illecita dei rifiuti. Ricordo che l’Italia ha sviluppato un importante anticorpo: dal 2015 è vigente una norma che ha introdotto nel Codice Penale i delitti contro l’ambiente, in primis il traffico organizzato dei rifiuti, con l’impegno di novanta Procure in tutta Italia, 490 inchieste svolte dal 2002 a oggi, 48 Paesi stranieri coinvolti; sono state sequestrate oltre 55 milioni di tonnellate di rifiuti speciali nelle inchieste che siamo stati in grado di monitorare, soprattutto fanghi di depurazione contaminati, rifiuti industriali e metalli pesanti sversati nei terreni”.

“Dobbiamo prestare una attenzione sempre più forte per monitorare i capannoni industriali abbandonati, che vengono utilizzati come sito finale di stoccaggio, a cui spesso si dà fuoco, proprio nei traffici illeciti dei rifiuti, con rotte al contrario: non più da Nord a Sud, come avveniva in passato, ma da Sud a Nord, da Nord a Nord e verso le aree balcaniche – ha concluso Enrico Fontana – Dal 2013 abbiamo censito 1056 roghi di impianti o capannoni abbandonati con dentro rifiuti: in Veneto ne abbiamo monitorati 59, ottava posizione in Italia. Che destino avranno questi capannoni? Come verranno utilizzati? Su questi aspetti, che peraltro hanno un forte impatto economico, siamo chiamati a essere sempre più vigili, anche perché il fenomeno è in aumento dal 2018, quando la Cina ha chiuso le frontiere per l’import di rifiuti”.

“Il Centro di Azione Giuridica di Legambiente Veneto si avvale della collaborazione di avvocati e giuristi e si confronta con l’Osservatorio ambiente e legalità per approfondire questioni giuridiche legate agli interventi che Legambiente attua nei territori – ha spiegato il coordinatore, l’avvocato Enrico Varali.

“Secondo il Rapporto 2020 sulle ecomafie – ha reso noto l’avvocato – nell’anno 2019 è quadruplicato il numero delle denunce dei reati ambientali rispetto a quello registrato nell’anno precedente: il numero complessivo è 913, di cui 608 nel ciclo del cemento e 305 in quello dei rifiuti. Per i reati denunciati nel cemento, in testa alla classifica ci sono le province di Treviso, Verona e Venezia. Le province di Vicenza, Venezia e Treviso occupano invece i primi tre posti per illeciti denunciati collegati al ciclo dei rifiuti. Tengo a evidenziare come, purtroppo, la reale dimensione del fenomeno sia comunque maggiore rispetto al numero dei reati denunciati, in quanto non c’è ancora la dovuta sensibilità sociale sul tema dei reati ambientali; vi sono, inoltre, oggettive difficoltà nell’accertare i reati, di tipo tecnico e conoscitivo, nonché di interpretazione giuridica degli illeciti stessi. In Veneto stiamo seguendo numerosi procedimenti: ricordo in particolare quello per accertare l’eventuale inquinamento da Pfas nel Vicentino, con pesanti ricadute economiche, soprattutto in agricoltura”.

L’avvocato Varali ha chiesto di “facilitare l’accesso agli atti presso gli uffici pubblici” e di “incrementare la collaborazione con gli organi inquirenti per velocizzare la trasmissione delle informazioni. Legambiente, le diverse associazioni attive nel settore e tutti i cittadini possono essere preziose sentinelle per far emergere e contrastare la piaga dei reati ambientali”.

Antonio Pergolizzi ha spiegato che “in Veneto la criminalità ambientale è strettamente legata all’economia e al mercato dei rifiuti. Non è necessariamente di stampo mafioso e si muove soprattutto lungo l’incerto confine tra lecito e illecito, sfruttando le difficoltà presenti nell’accertamento dei reati”.

“Sottolineo come il Veneto è la seconda regione per rifiuti speciali prodotti, con circa 16,4 milioni di tonnellate, e la seconda per rifiuti esportati, circa 461 mila tonnellate solo nel 2018, soprattutto CSS e rifiuti da costruzione e demolizione – ha continuato Pergolizzi - Il Veneto presenta, altresì, una buona dotazione impiantistica, ha numerosi capannoni abbandonati, ospita un consistente numero di piccole e medie imprese, aspetti questi che ne fanno un territorio molto vulnerabile all’infiltrazione mafiosa. Gli imprenditori in difficoltà sono sensibili alle lusinghe della mafia, che offre soldi per sopperire alla carenza di liquidità determinata dalla crisi economica. Si tratta di una infiltrazione silenziosa e subdola. Le mafie, attraverso la costituzione di società cartiere, che conferiscono una impronta legale a flussi assolutamente illeciti, utilizzano la tecnica del ‘giro bollo’ per fatturare in nero. In questo modo, falsificando i documenti, non si sostengono i costi di un corretto trattamento, si fanno figurare spese inesistenti e, al contempo, si dispone di materiale da immettere nel mercato delle materie prime secondarie. Inoltre, si sfruttano i numerosi capannoni industriali abbandonati per stoccare in Veneto, attraverso società cartiere, rifiuti provenienti dal Sud e dal Nord Italia. La nostra Regione sta diventando sempre più un luogo di smistamento dei rifiuti che poi seguono anche le rotte verso l’area balcanica. La criminalità organizzata mira soprattutto al riciclo in nero dei rifiuti. C’è ancora una forte sottovalutazione sociale del problema legato al traffico illegale dei rifiuti: l’incendio dei capannoni rappresenta la spia di questa grave criticità. Vanno attenzionati maggiormente i rifiuti speciali prodotti: almeno il 20 percento dei rifiuti industriali finisce in discarica, decisamente troppo”.

Antonio Pergolizzi ha individuato alcune priorità negli interventi che sono necessari per contrastare il fenomeno: una maggiore prevenzione e tracciabilità dei rifiuti; controlli più efficaci anche in collaborazione con Arpav, un ente che va sicuramente potenziato; la semplificazione dei percorsi di economia circolare; incoraggiare la partecipazione delle comunità nella strategica attività preventiva; più formazione e quindi più consapevolezza riguardo ai temi in questione”.

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