A Ustica georadar per scoprire un mistero di 3.000 anni fa

Scoprire, negli ambienti e negli oggetti sepolti da circa 3.000 anni, la chiave del mistero di un villaggio dell'Età del bronzo improvvisamente abbandonato dai suoi abitanti. E' quanto si propone di fare grazie all'aiuto di rilievi georadar, e quindi senza dover scavare, la ricerca appena cominciata nell'isola di Ustica, grazie alla collaborazione tra l'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) e il Parco archeologico di Himera Solunto Iato di Santa Flavia (Palermo).

Gli scavi virtuali riguardano il sottosuolo del Villaggio dei Faraglioni, e puntano a ricostruire l'insediamento dell'Età del Bronzo che più di 3.000 anni fa si affacciava sul mare. Probabilmente costituita da alcune centinaia di persone, la popolazione era dedita all'agricoltura e alla pesca e aveva costruito un muro fortificato lungo 250 metri, alto 5 e rafforzato da 13 torrioni. La vita del villaggio si interruppe improvvisamente e tutto quello che resta, osservano i ricercatori, sono "resti di capanne con arredi e suppellettili, abbandonati nella loro posizione d'uso, come quando si fugge senza avere il tempo di portar via nulla". Non si sa se a segnare la fine del villaggio sia stato un disastro naturale o una causa umana, come una guerra o una deportazione di massa.

Per scoprirlo, gli archeologi hanno chiesto aiuto ai ricercatori dell'Ingv che, con gli esperti dell'Osservatorio Vesuviano di Napoli e della Sezione di Roma 1, hanno iniziato una campagna di prospezioni geofisiche sulle fortificazioni. I rilievi georadar e geoelettrici permetteranno di esplorare il sottosuolo fino alla profondità di qualche metro senza che sia necessario scavare.

La prima fase delle ricerche riguarderà il grande muro difensivo del Villaggio, che "si sta rivelando - osservano i ricercatori - un complesso sistema fortificato, composto da varie strutture interconnesse che si sviluppano su una vasta area all'esterno della muraglia".

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