Venti anni fa la tragedia dello shuttle Columbia

Il primo febbraio di 20 anni fa il più antico degli shuttle esplodeva quando mancavano pochi minuti all’atterraggio, dopo una missione di 16 giorni; tutti gli astronauti a bordo morirono, in una tragedia che ha lasciato il segno nell’era spaziale.

Nel 1981 il Columbia era stato il primo degli shuttle progettati per affermare il primato nello spazio degli Stati Uniti, e nel 2003 la ‘vecchia signora’, come lo chiamavano alcuni, era ancora in gioco. In quell'ultima missione, la Sts 107, erano stati condotti esperimenti in condizioni di microgravità e solo pochi giorni prima di rientrare a Terra, aveva inviato un Sos per il clima, con i primi dati che mostravano come gli incendi nelle foreste tropicali stavano gradualmente influenzando il clima. In quegli stessi giorni i sette astronauti del Columbia avevano ricordato i sette colleghi del Challenger, lo shuttle che 17 anni prima, il 28 gennaio 1986, si era disintegrato a 73 secondi dal lancio.

Nelle intenzioni della Nasa, lo Space Shuttle avrebbe dovuto funzionare a ritmo serrato, ma poi i costi e i due drammatici incidenti avevano rallentato notevolmente la tabella di marcia prevista inizialmente.

Quando l’ultimo shuttle, l’Atlantis, partiva da Cape Canaveral l’8 luglio 2011 finiva un’era e già si preparava un futuro. Le aziende private si facevano avanti con i loro prototipi, dopo che l’amministrazione Obama aveva chiuso per motivi di budget il programma Constellation della Nasa, che puntava a missioni per completare la Stazione Spaziale Internazionale, al ritorno alla Luna e a portare astronauti su Marte. Per nove anni gli astronauti americani hanno volato sulle navette russe Soyuz e solo nel novembre 2020 la navetta Crew Dragon e il razzo Falcon 9, entrambi della SpaceX, hanno restituito agli Stati Uniti la capacità di portare astronauti nello spazio.

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