Le storie dimenticate
Giovedì 29 Agosto 2013
Re e cavalieri nel cielo di Verdello
La battaglia dell'esercito furioso
Qui, in questo luogo, vicino ai ruderi della chiesetta, si estendevano boschi fitti e nebbiose brughiere, boschi popolati di animali, percorsi da pochi sentieri dove la gente si avventurava senza piacere, soltanto nelle ore diurne. Avete storie del vostro paese o luoghi dimenticati da segnalare? Scrivete a [email protected]
Oggi il grande bosco con i suoi misteri non è più nemmeno un ricordo, oggi della chiesetta di San Giorgio, nell'area di Saore, restano soltanto ruderi, mozziconi di muri nella campagna, circondati da rovi di more mature, sotto il sole. Eppure accadde qui, attorno al 15 dicembre del 1517, per diversi giorni, e la voce si sparse, del fenomeno si parlò subito a Bergamo, la voce si propagò rapida, in tutta Europa.
Un mese dopo, Papa Leone X - figlio di Lorenzo de' Medici - convocò un concistoro per discutere con i cardinali dei fatti di Bergamo. Che cosa accadde nel cielo sopra campi e boschi di Verdello in quel dicembre di di 496 anni fa? Che cosa videro contadini e cavalieri in questo punto dove oggi confinano i comuni di Osio Sotto, Verdello, Levate, Verdellino, nei pressi della chiesetta di San Giorgio?
Dicono le cronache del tempo che in quei giorni lontani apparvero eserciti di fantasmi, eserciti furiosi. A noi questa vicenda è pervenuta soprattutto per via di una storia di Bergamo scritta nel Seicento da padre Donato Calvi, il priore del prestigioso convento di Sant'Agostino, un intellettuale del suo tempo, nato esattamente quattrocento anni orsono.
L'opera ha per titolo «Effemeride sacra profana di quanto di memorabile sia successo in Bergamo» e vide la luce nel 1676. Il Calvi riprese le cronache di quel tempo del veneziano Marin Sanudo, ma anche di altri storici. Del combattimento di eserciti di fantasmi nei boschi sopra Verdello in quel lontano dicembre si parlò a Cesena pochi giorni dopo i fatti, nel gennaio 1518 in seguito alla pubblicazione di un libricino a stampa che raccontava «de la visione e combatimenti de spiriti faceansi sul Bergamasco».
E la stessa notizia si ritrova anche nel diario di un anonimo chierico francese che annotò: «Furent vuez des visions et prodiges de grant quantité de gens d'armes a pié et a cheval les ungs contre les autres». La vicenda venne registrata anche nel Journal d'un Bourgeois de Paris. Gli opuscoletti a stampa in cui si parlava di questi prodigi furono tradotti in francese e tedesco.
Sembra che il primo a parlarne fuori di Verdello fu il nobile Bartolomeo Martinengo da Villachiara che scrisse «al suo charissimo misser Onofrio Bonnuncio veronese, in data 23 dicembre 1517». Bartolomeo Martinengo scriveva al suo amico che da otto giorni a Verdello si vedevano tre o quattro volte al giorno battaglioni formidabili uscire da un bosco, battaglioni di fanti, cavalieri e artiglieria che avanzano schierati «con grandissima ordinanza e perfectissimo ordine».
Davanti ad essi procedono tre o quattro principi, guidati da un altro sovrano che appare come il maggiore fra loro; essi avanzano a parlamentare con un altro re che li attende a mezza via circondato dai suoi baroni e davanti alle proprie truppe. Si legge nella lettera: «Et ivi non dopo molto ragionamento vedesi quello solo re con ferocissimo aspetto et di poca patientia armato cavarsi il guanto di mano, che è di ferro, e gittarlo in aere, e ad un tracto a un tracto con turbosa vista scorlar il capo, et adrieto voltarsi a l'ordine di sua gente; e in quello instante odesi tanti suoni de trombe, tamburri et nacare, e terribilissimo strepito d'artiglieria non meno credo si faccia all'infernal fucina, che veramente altro non è da credere se non che de lì eschino. Et ivi vedesi non poca copia de bandiere et stendardi venirsi a l'incontro, et con grandissimo fiereza e impeto l'un l'altro assaltarsi e da crudelissima battaglia... Dapoi passato il spacio di meza hora ogni cosa racquietasi, e nulla altra cosa si vede».
Non era uno sciocco, Bartolomeo, era un nobile, era una persona istruita. La sua famiglia, nella generazione successiva, aderì alla Riforma e fu costretta a emigrare nei Grigioni e a Ginevra. Non era la prima apparizione in Europa di qualcosa del genere. «L'esercito furioso» è un mito alle origini della stregoneria, specie in Germania, e in qualche modo risale fino a quelle tribù germaniche che combattevano di notte, uscendo dai boschi con armi e asce tinte di nero.
Ma il mito dell'esercito furioso faceva comunque riferimento ai morti, ai demoni, alle anime dannate. Un esercito ben conosciuto dai negromanti. Una sorta di «inchiesta» sulla vicenda venne svolta dal bresciano Antonio Verdello che nel gennaio 1518 mandò una lettera a tal Paolo Morosini; Antonio Verdello (proprio come il paese) spiegava di avere interrogato diversi testimoni; il luogo veniva da tutti descritto in modo preciso mentre le apparizioni erano presentate in maniera abbastanza discordante.
Il 29 dicembre, lo storico veneziano Marin Sanudo diede notizia nel suo diario, il venticinquesimo; l'attenzione di Sanudo fa pensare che la questione fosse approdata a canali istituzionali da Bergamo fino a Venezia. Il 21 gennaio Papa Leone X ne parlò ai cardinali riuniti in concistoro leggendo «alcune lettere di le aparizion di Bergamo».
Andando avanti con gli anni la memoria si è sbiadita, il fatto è ormai conosciuto soltanto da alcuni storici che si occupano di fatti non propriamente ordinari. Resta la domanda: che cosa davvero vide la gente di Verdello in quel 16 dicembre sopra il boschetto e il campo innevato di San Giorgio? Perché qualcosa dovette in realtà scorgere.
Paolo Aresi
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