Le storie dimenticate / Valle Brembana
Lunedì 30 Settembre 2013
Zogno, i muraglioni di Ca' Marta
Un enigma che parte da lontano
È un luogo dal fascino antico quello che ospita i muraglioni di Ca' Marta a Zogno, costruzioni di cui nessuno è riuscito finora a rintracciare con certezza l'origine e la funzione. Avete storie del vostro paese o luoghi dimenticati da segnalare? Scrivete a [email protected]
Ai lati ci sono due scalinate. Al centro spiccano cinque possenti costruzioni di pietra, poste a formare una serie di terrazzamenti che scendono lungo il pendio, esposto a sud, tra il bosco e le rocce. È un luogo dal fascino antico quello che ospita i muraglioni di Ca' Marta a Zogno, costruzioni di cui nessuno è riuscito finora a rintracciare con certezza l'origine e la funzione.
«Su questo luogo - racconta Giuseppe Pesenti, storico locale, autore di numerose ricerche e saggi - sono fiorite moltissime leggende popolari». Ci si arriva solo a piedi: è quasi all'inizio della Val Brembilla, in località Prati Nuovi, un po' a valle dell'oratorio di San Gaetano. I muraglioni sono lungo il percorso dell'antica Strada Taverna, che collega i Ponti di Sedrina al Passo del Crosnello, e ormai ci passano davanti soprattutto gli escursionisti. Ci si arriva in mezz'ora di cammino partendo dalla provinciale che attraversa Brembilla, prendendo una mulattiera. «La gente - continua Pesenti - pian piano se ne sta dimenticando».
L'origine di queste mura è quasi certamente preistorica, anche se poi sono state rimaneggiate più volte in epoche successive. «A dare conferme a questa ipotesi di studio - precisa lo storico - è stato il ritrovamento negli anni '70 di alcune caverne non lontano dai muraglioni, dove sono stati rintracciati numerosi reperti: pendagli di collane, ciotole di ceramica, vasi di cinque-seimila anni fa, del Neolitico o del tardo Mesolitico». I muri sono composti da massi di notevole grandezza: pietre squadrate a mano, ognuna molto pesante, fino a diversi quintali, ma perfettamente incastrate e sovrapposte. Questo ha stuzzicato la fantasia degli abitanti della zona: per molto tempo si è tramandata una storia secondo la quale a realizzare le misteriose costruzioni sarebbe stato un solo, fortissimo gigante.
In realtà, come fa notare in un suo saggio anche un altro studioso, Adriano Gaspani, che fa parte dello staff dell'Osservatorio astronomico di Brera ed è autore di numerose ricerche di archeoastronomia, «l'impresa superò sicuramente le capacità lavorative non solo di un singolo individuo, ma anche quelle di una sola famiglia, quindi sembrerebbero piuttosto un'opera prodotta da una collettività organizzata». Ad alimentare le credenze popolari hanno contribuito anche le «marmitte» scavate nella roccia dall'acqua nella Valle di Carubbio, delle vasche circolari dove d'estate oggi qualcuno fa il bagno: sono buche perfettamente rotonde perciò si prestano ad essere considerate «impronte di giganti». «È chiaro - sottolinea Pesenti - che a produrle è stata l'erosione della roccia calcarea, se ne trovano dappertutto».
Ma questa spiegazione scientifica ai cantastorie non piacerebbe per niente. E di storie su questi muraglioni ne sono state inventate tante, che parlano anche di streghe e magie, perché le spiegazioni più semplici non calzano perfettamente per questo tipo di costruzione e non si adattano nemmeno alla disposizione delle mura: «Non valeva la pena - continua Pesenti - costruire muri del genere per ricavare terreni coltivabili, come è avvenuto altrove, perché le aree che delimitano sono piccole». Allo stesso tempo non appaiono oggi come fortificazioni, anche se forse possono aver svolto anche una funzione difensiva: c'è chi le ritiene fondamenta di una rocca ghibellina, costruita a protezione dell'ingresso della valle. Ci sono cinque muri, quasi paralleli e posti a distanze regolari. La loro lunghezza va dai 21 metri circa ai 16. Due di essi hanno un vano di apertura che probabilmente aveva una funzione importante, ma non si sa quale.
Anche sull'epoca della loro realizzazione non c'è certezza: «Si è parlato di costruzioni preistoriche - dice Pesenti -, ma potrebbero anche essere state costruite in epoca protostorica con una tecnica nota in ambito celtico». Secondo Gaspani «si può ipotizzare che la costruzione possa risalire molto indietro nel tempo, probabilmente all'età del ferro, forse IV o V secolo a. C.». Sul posto ci sono tracce di un'antica sorgente che forse potrebbero giustificare l'insediamento, insieme all'ottima esposizione al sole, ma c'è anche chi ritiene che questo fosse stato anticamente un luogo sacro (in epoca romana dedicato al culto di Marte).
Adriano Gaspani sottolinea che nelle strutture è stato trovato un «orientamento astronomico»: «Quindi - osserva - la loro edificazione sembrerebbe essere stata operata tenendo in considerazione alcune direzioni astronomiche fondamentali connesse con il Sole, ma forse non solo con esso. L'ipotesi che la struttura megalitica potesse essere astronomicamente orientata fu inizialmente concepita da Carlo Brambilla, Lino Galliani e Marco Locatelli, e suffragata da una serie di misure preliminari eseguite nel 1997 e verificate sperimentalmente dall'osservazione del tramonto del Sole nel giorno del solstizio d'estate».
La sensazione è che in questo luogo un po' sperduto e dimenticato, in cui si respira il fascino delle antiche civiltà, resti ancora molto da scoprire.
Sabrina Penteriani
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