Bangkok, viaggio
nella città dei templi

E’ chiamata la città degli angeli. Ha fama di meta del turismo edonistico, delle spiagge dorate e delle discoteche a Phuket o a Pattaya, invece la Thailandia è il più esotico e uno dei più spirituali Paesi del Sud Est asiatico. Si dice che i tailandesi siano eccezionalmente pacifici e gentili, ma non bisogna toccarli su due cose: la religione e il re. Lo si vede a Bangkok, dove è evidente il culto per il monarca e la famiglia reale: le edicole con le immagini del re e della sua famiglia sono ovunque, quasi a vigilare e a proteggere il loro popolo.

Giorgio Bettinelli nel suo “Viaggio in Vespa da Roma a Saigon” dice che “il nome dell’attuale capitale Bangkok si è meritata una citazione nel Guiness dei primati come il nome di città composto dal maggior numero di lettere, che a seconda delle traslitterazioni varia da 111 a 175”. I thailandesi comunque la chiamano semplicemente Krung Thep, cioè la città degli angeli. Si potrebbe anche chiamarla la città dei templi, per il gran numero di edifici di culto, quattrocento, molti di splendida fattura. Il cuore è il What Phra Kaew, la più famosa e frequentata meta di turisti e pellegrini: è il più importante complesso buddista della Thailandia. E’ all’interno del recinto dell’ex Palazzo reale, ora usato solo per particolari cerimonie (l’amatissimo re Bhumibal Adulyadei, salito al trono nel 1946 col nome di Rama IX, sta infatti nel nuovo distretto reale a Chitralada Palace, a Nord ella città), ed è famoso soprattutto per il leggendario Buddha di smeraldo, una statuetta di giada di 60 centimetri completamente circondata da ornamenti e difficile da vedere se non si è molto vicini.

L’ingresso al What Phra Kaew incute timore: sulla sinistra incombono due minacciosi mostri a custodia degli ingressi templari, alti una decina di metri, rivestiti di tessere di maiolica: sono yaksa, demoni mitologici che sorvegliano anche l’ingresso del tempio del Buddha di smeraldo. A pochi passi c’è un altro complesso, il What Pho. E’ costituito da un centinaio di edifici del XVI secolo. Il What Pho è celebre per l’incredibile Buddha coricato su un fianco completamente rivestito d’oro, lungo ben 46 metri a alto 15, che occupa completamente la costruzione principale del complesso. L’enorme statua rappresenta il dio sorridente nella posizione del Parinibbana, il Nirvana post mortem. In fondo si possono toccare con la mano gli enormi piedi, decorati con frammenti di madre perla, in modo da disegnare le 108 caratteristiche peculiari del Buddha. Altre quattro grandi pagode commemorano i primi tre re della dinastia Chakri. Molti poi ricordano Bangkok per i suoi odori. Soprattutto nei moltissimi mercati, che vendono ovunque cibo thailandese, cucinato su piastre, griglie e fornelli improvvisati sul marciapiede. Ma è Chinatown il quartiere più animato.

Tra le due vie principali, la Yaowarat , con negozi di oreficeria, venditori di erbe, ristoranti e la Charoen Krung, c’è un intrico di vicoletti con bancarelle. Questo labirinto dai colori e dai forti odori e profumi e suoni assordanti, ospita la più antica comunità straniera della Thailandia. In un vicolo si trovano cibi freschi e in scatola, spezie, erbe medicinali, articoli religiosi, bigiotteria, tessuti. In un altro si passeggia tra cibi secchi, filetti di pesce fresco e ampi recipienti di non ben identificati cibi in salamoia. E in fondo brulicano chioschi in cui si vendono offerte funerarie e “passaporti per il paradiso”, tra cui case e automobili di carta per accompagnare i propri cari nella vita ultraterrena.

Giovanni Verga

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